Banche e magistrati sul piede di guerra contro Renzi.

Fino ad ora, ogni volta che un decreto legge veniva presentato, scendevano in piazza sindacati, cittadini e lavoratori.

Oggi, con il decreto Irpef di Matteo Renzi, qualcosa pare veramente cambiato.

A minacciare proteste ad oltranza sono le banche, a cui Renzi ha raddoppiato la tassa sulla rivalutazione delle quote di Bankitalia, misura con cui il governo incasserà 1,8 miliardi di euro.  Eppure le stesse non hanno aperto bocca con la vergogna del decreto Bankitalia, che formalmente trasformava le loro quote in una rivalutazione di oltre sette miliardi di euro, pagata con le tasche degli italiani.

Invece oggi il Presidente dell’Abi  Antonio Patuelli chiede «un forte ripensamento» al governo sulle misure fiscali varate per le banche italiane nel Dl Irpef le quali si sommano a quella varate dal precedente governo e che rischiano di penalizzarle nell’anno in cui vengono sottoposte all’esame della Bce.

«L’Italia penalizza fiscalmente le banche operanti» nel paese «rispetto a quanto avviene alle concorrenti degli altri paesi Ue, addirittura nell’anno degli esami a tutte le banche europee che così verranno svolti con ancor più disparità fiscali».

Patuelli ricorda come «il forte aumento della pressione fiscale deliberato ieri dal Consiglio dei Ministri si assomma a quello deciso il 25 novembre scorso dal precedente Governo: i due provvedimenti hanno determinato l’aumento dell’anticipazione Ires 2013 al 130% per banche e assicurazioni, l’enorme addizionale dell’8,5% sull’Ires 2013 sempre di banche e assicurazioni, la rivalutazione delle quote di Bankitalia (ultimi in Europa!) con l’imposta del 12% disposta dalla legge di stabilità per tutte le rivalutazioni».

Mi chiedo con che coraggio parla Patuelli.

Le banche italiane hanno operato per decenni applicando usura penale ai correntisti, tanto è vero che la Magistratura ha messo sotto inchiesta penale due AD di più importanti gruppi bancari italiani.

Non solo: le banche hanno eluso le tasse per decenni, ed hanno sempre patteggiato con il fisco un decimo del dovuto.

Ma non finisce qui.

Nel decreto di Renzi, che prevede tra l’altro un taglio all’Irap, sgravi ad imprese e famiglie, le coperture arrivano non solo da un risparmio sui dipendenti pubblici e dalla nuova tassazione alle banche.

Renzi attacca una casta fino ad ora intoccabile, ed inserisce un tetto a 240.000 euro per gli stipendi del settore pubblico, includendo per la prima volta nella storia repubblicana anche i magistrati.

E li bacchetta pure: «Mi aspetto che i magistrati non commentino la formazione delle leggi che li riguardano, come io – per rispetto al principio della separazione dei poteri – non commento la formazione delle sentenze»

Non si fa attendere la reazione della Presidenza ANM«Così come si possono commentare e criticare le sentenze, si possono commentare e criticare le leggi».

Ma Renzi va avanti per la sua strada e in conferenza stampa ci va giù pesante: «I miei collaboratori mi dicono che non dovrei mai parlare di magistratura in pubblico, ma io lo dico lo stesso perché è giusto,– non credo che portare lo stipendio di un alto magistrato da 311mila a 240mila euro sia un attentato alla libertà e all’indipendenza della magistratura. Direi che quella cifra è un equo compenso. Accusare il governo di attentare alla funzione della magistratura per questo è un atteggiamento da respingere al mittente»

Di certo Renzi sta colpendo categorie fino ad ora straprotette.

Ma.

Restano fuori Consulta, Camera, Senato, Cnel.

Non solo.

Nonostante gli 80 euro di bonus in busta paga, non è previsto alcun tipo di intervento per coloro, e sono milioni, che una busta paga neppure osano sognarla.

Mi chiedo: è solo propaganda elettorale, che raccoglie tutto il malessere degli italiani, giustificando poi la svendita delle munipalizzate ed il mancato taglio della spesa militare, oppure prima o poi ci si deciderà ad effettuare tagli ingenti a favore dell’economia reale di famiglie ed imprese?

Per intanto, le banche ed i magistrati si lamentano. E questo mi fa star bene!

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