Avvocati: vietato scrivere articoli ed indicare gli estremi dello studio, anche su internet

L’avvocato che scrive un articolo su un giornale non può indicare, accanto alla sua firma, i recapiti del proprio studio.

È questa la sintesi di una sentenza del Cnf [1] pubblicata, nei giorni scorsi, sul suo sito internet.

Si tratta dell’ennesima decisione contraria ai tempi e, soprattutto, allo spirito di una professione moderna, che vorrebbe rispolverare la propria immagine, costruendo un nuovo rapporto con la cittadinanza, in una dialettica di comunicazione diretta e senza intermediazioni.

La sentenza del Cnf tenta di spezzare quel filo diretto tra professionisti e collettività, mai avuto in precedenza, dove i primi svolgono anche un servizio in funzione del popolo, sfruttando il libero accesso ai media, anche nell’ottica di combattere la crisi di una professione ormai messa ai margini non solo dal legislatore, ma anche dalle stesse istituzioni che dovrebbero rappresentarla.

Il Cnf ha confermato la sanzione della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per due mesi nei confronti di un avvocato che teneva una rubrica in un quotidiano nazionale dove, a margine di ogni articolo (che conteneva consigli e pareri), indicava oltre al proprio nome e cognome, anche il numero di telefono, il fax e l’indirizzo dello studio.

Secondo, però, il Consiglio Nazionale Forense, si tratterebbe di un comportamento vietato dalla deontologia forense, in quanto diretto ad accaparrare e sviare la clientela: insomma, una condotta di tale tipo sarebbe anticoncorrenziale, secondo l’interpretazione tutta particolare di “concorrenza” che intende il Cnf.

L’aver inserito i recapiti del proprio studio sul giornale – chiarisce la sentenza – integra una forma di pubblicità non ammessa dai canoni del codice deontologico, in quanto ha la conseguenza di accaparrarsi le richieste di pareri e consigli legali da parte dei lettori e, quindi, di sviare la clientela.

 La sentenza finisce per avere effetti perversi anche sul web.

Il principio, infatti, si riferisce all’uso della stampa in sé, al di là se cartacea o telematica.

Con la conseguenza che l’avvocato che scriva un articolo su un internet, e in esso riporti gli estremi del proprio studio legale, l’email o il link al proprio sito, finirebbe – secondo il Cnf – per commettere un illecito deontologico.

E poiché una regola, se valida, va applicata a prescindere dalle “dimensioni” del caso concreto, si arriva all’assurda conseguenza secondo cui tutti gli avvocati non potranno più scrivere su blog o siti online, anche di piccole dimensioni, indicando i propri “indirizzi telematici” (email o link al sito internet).

Insomma, il Cnf ce la sta mettendo tutta per allontanare i legali dalle nuove forme di comunicazione, dal web e da ogni altro modo per uscire da una dimensione “territoriale” dell’avvocatura.

Lo stesso Cnf che da un lato consente la possibilità di pubblicare inserzioni pubblicitarie (o meglio “comunicazioni alla clientela”) su un giornale tradizionale e, nello stesso tempo, vieta lo stesso tipo di avviso con un banner di Google Adwords.

Quel Cnf che, mentre consente ad alcuni studi di collocare dei cartelli pubblicitari sugli autobus delle città, nello stesso tempo vieta ad altri avvocati di essere ospitati su un dominio internet non proprio, come una fanpage di Facebook.

[1] Consiglio nazionale forense sent. n. 83/2014.

DOVRESTE FARLO TUTTI, BLOCCHIAMO LA LOBBY DEGLI AVVOCATI UNA VOLTA PER TUTTE.PER LA MISERIA… QUANTI AVVOCATI CI SONO SU INTERNET CON UNA PAGINA PERSONALE CHE DOVRANNO FARLA SPARIRE??? 

IL CODICE DEONTOLOGICO SOPRATTUTTO, SPECIE SE SI TRATTA DI GENTAGLIA.

PER QUANTO MI RIGUARDA, SEGNALERO’ AI VARI ORDINI TUTTI QUELLI CHE TROVO.

DOVRESTE FARLO TUTTI, BLOCCHIAMO LA LOBBY DEGLI AVVOCATI UNA VOLTA PER TUTTE.

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