Avete la vaga impressione di quanti immobili hanno messo all’asta le banche?

Beni immobili degli italiani: quanti sono all’asta su richiesta delle banche?

Mi sono posta questa domanda e non ho trovato nessun tipo di indicazione affidabile, quanto meno statisticamente.

Il problema delle aste giudiziarie e della loro irregolarità è un punto dolente della mala-Giustizia italiana, che sta sottraendo illecitamente ai cittadini italiani proprio il bene cui hanno spinto ad investire: la casa.

Mutui usurai, fallimenti, fideiussioni, affidamenti bancari, parcelle… ogni motivo è valido per una banca per procedere esecutivamente, su propria autocertificazione (vizio ab origine che annulla tutta la procedura, ma se nessuno lo chiede, i Giudici, vuoi per pigrizia, vuoi per troppe pratiche, vuoi per collusione, se ne guardano bene dal sollevare la questione).

Si, ma visto che la legge impone la pubblicazione delle aste giudiziarie sia sul sito appositamente adibito dal Ministero della Giustizia, che su quotidiani e altri mezzi di stampa, spesso e volentieri VIOLANDO LA PRIVACY DELL’ESECUTATO, perchè non fare lo stesso con chi fa partire l’azione?

Così, giusto per scrupolo, ho iniziato a guardare direttamente sui siti delle varie banche italiane private (ovvero tutte, banca d’Italia compresa)… mi sono detta, hai visto mai che loro le pubblicano?

Bingo.

Ad esempio UBI BANCA candidamente ha nel suo sito una bellissima vetrina dove si può vedere che gli immobili all’asta ad oggi sono nr. 68.542, e potete fare una ricerca specifica su questa pagina.

Non solo. La società facente parte del gruppo UBI che tratta i leasing, UBILEASING, ha addrittura messo online un sito apposito dove è possibile vedere ogni tipo di beni immobiliari e non che sono all’asta giudiziaria: si possono scegliere il tipo, il prezzo, la regione e via discorrendo.

Mi sono allora chiesta, possibile che le altre banche non offrano lo stesso “servzio”?

E così, scartabellando tra i vari siti, sono arrivata ad un punto ancor più devastante: le banche hanno aperto un nuovo filone, e sono passate dall’essere banche a diventare vere e proprie agenzie immobiliari.

Tempo addietro, quanto le esecuzioni erano limitate, gli immobili finivano nella fondazione che ogni banca che “si rispetti” ha, per un chiaro regime di agevolazione fiscale.

Oggi si sono evolute.

Unicredit ha la sua immobiliare, lo stesso dicasi per Intesa San Paolo, Monte Paschi di Siena, giusto per citare i gruppi maggiori.

Ma c’è anche chi si è spinto oltre, come il Gruppo Banco Popolare, che ha siglato un accordo di collaborazione con Coima (società che fa capo alla famiglia Catella, specializzata nella gestione patrimoniale e di investimenti immobiliari) e con Hines Italia per la valorizzazione degli asset real estate del gruppo.  Lo scopo è strutturare veicoli per la cessione di 60 immobili di pregio.

“L’accordo con Banco Popolare  rappresenta un progetto pilota che dimostra come il settore bancario sia pronto ad affrontare la valorizzazione dell’immobiliare in un’ottica industriale ed in partnership con partner qualificati”, ha commentato Manfredi Catella, ad di Hines Sgr.

Il ceo del Banco Pier Francesco Saviotti ha detto che in tempi ragionevoli dovrebbe essere presentato un progetto di aggregazione. Bpm  resta l’opzione preferita. L’alternativa, scrive oggi Equita (rating buy, target 15,9 euro sul titolo Banco Popolare  è rappresentata da Ubi Banca , anche se “entrambi i deal avrebbero una forte valenza industriale”.

Una fusione con Ubi potrebbe apportare sinergie più elevate rispetto allo standard (12,5% la riduzione base dei costi combined, +2 punti di Rote). Secono gli analisti, al 2017, con il 15% di risparmi sui costi, il Rote combinato fra Banco e Ubi passerebbe dal 6% all’8,5%, il rapporto prezzo/utile scenderebbe da 12,8 a 8,7 volte. In questo calcolo non è stato incorporato l’upside derivante da una migliore gestione del credito favorita dalle iniziative, come quella annunciata oggi, pensate per accelerare la vendita degli immobili. In caso di fusione con Bpm , Equita si attende un leggero riallineamento dei concambi a favore del Banco.

Andiamo avanti, perchè il marcio non è finito.

Con comunicato stampa a livello nazionale, il Crif, uno dei sistemi informativi sulla bontà creditizia di chi chiede accesso al sistema finanziario, si propone come istituto utilizzato dai maggiori gruppi bancari per la valutazione degli immobili che sono all’asta.

Qui potrete vedere quante sono le banche che vi hanno aderito.

Riassumendo.

Le banche, chiedendo garanzie di ogni tipo, fino al 2008 hanno concesso credito a cani e porci, l’importante è che ci fosse la possibilità di mettere una bella ipoteca sui beni personali. Da quel momento in poi, con la scusa della bolla immobiliare statunitense (creata a tavolino dalle stesse banche nella loro pessima ed esecrabile attività di speculatrici finanziarie), hanno cominciato a mettere a rientro ogni posizione esposta, nonostante non ce ne fossero i presupposti.

Con la scusa di Basilea 3 e 4, ovvero la patrimonializzazione bancaria (in parole povere se la banca prestava un tot avrebbe dovuto accantonare in una riserva una percentuale di liquidità che non intaccasse il patrimonio in caso di sofferenze), le banche hanno giustificato le loro mosse di interruzione abusiva del credito (disciplinato dall’art. 1845 c.c.) proprio con il fatto che l’accantonamento costava loro troppo e che gli esorbitanti interessi addebitati, laddove tramite la BCE il loro costo del denaro si attestavano all’1%, era antieconomico per la grande possibilità di vedere il proprio credito non esigibile.

Vi ricordo che la riserva frazionaria delle banche italiane è del 2%, ma di questo ne parlerò più approfonditamente in altro articolo: in breve, se la banca vi presta 100, il suo obbligo di possedere quel denaro e di depositarlo a titolo cautelativo in Banca d’Italia è di 2, tutto il resto è creato dal nulla. (non ci vuole molto a vedere di che parlo dai bilanci delle banche, gli impieghi sono nettamente superiori alla raccolta, ci sarà un motivo).

Quindi, rendendo pressochè impossibile ad imprese e cittadini l’onorare il debito sottoscritto, sono partiti con vere e proprie azioni esecutive di massa, portando al fallimento di una percentuale altissima di aziende SANE ed a privati che di botto si vedevano messo all’asta la casa per cui tanto stavano sudando.

Piccola parentesi, perchè anche su questo argomento tornerò in modo più approfondito.

L’intermediario può, in applicazione della disciplina dei contratti di durata, recedere dal contratto di apertura di credito a tempo indeterminato previo idoneo preavviso; non costituisce idoneo preavviso la mail, inviata dall’intermediario, nella quale si manifesta l’urgenza di un «contatto» con il cliente. Il preavviso non è necessario in presenza di una giusta causa di recesso, che deve essere indicata, in modo specifico, nella comunicazione di recesso immediato dal rapporto di conto corrente.

L’illegittima interruzione del credito da parte dell’intermediario genera una serie di conseguenze (impossibilità di eseguire transazioni in conto corrente fino all’apertura di un nuovo rapporto presso un altro istituto bancario; impossibilità di saldare i debiti esistenti; blocco delle operazioni di acquisto e di vendita; impossibilità di saldare i canoni locativi dell’azienda; inutilizzabilità del servizio RID) suscettibili di determinare la drastica riduzione dell’attività di impresa. Il danno che ne deriva, non facilmente determinabile (in quanto fondato soprattutto su presunzioni), può essere determinato in via equitativa. Il cliente è tenuto, peraltro, a provare (in modo non generico), oltre al danno in sé considerato, anche il nesso causale tra l’illegittimo recesso della banca dal contratto di apertura di credito e il danno risarcibile.

E’ STATO TUTTO DECISO A TAVOLINO, CAPITE?

E poi leggo notizie del genere… del 2014 vero, ma quante saranno le vere irregolarità in questo numero allucinante di immobili all’asta????

A.A.A. CERCASI MAGISTRATO CON PALLE FUMANTI CHE ABBIA IL CORAGGIO DI SCOPERCHIARE QUESTO SCHIFO.

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