Amarcord: e questo dovrebbe essere il nostro futuro Presidente della Repubblica?

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Leggere queste parole, le prime pronunciate dalla Iron Lady inglese, che si è battuta contro l’Euro fin dall’inizio, le seconde di Romano Prodi, che ha svenduto l’Italia, fanno riflettere, e tanto.

Partiamo da Margaret Thacher.

Arrivò al potere dopo una gavetta lunghissima, cosparsa anche di episodi che la resero tristemente nota, a causa dei tagli del latte gratuito nelle scuole per i bambini dai 7 agli 11 anni, per poterlo garantire in periodo di crisi, gratuito ai più piccoli. Ma Lei non era tipo da badare alle critiche, e proseguì per la sua strada, con un unico obiettivo: il risanamento della crisi che negli anni 80 imperversava in Inghilterra.

Nel 1980 la Thacher introdusse una riforma, la Housing Act, destinata a cambiare radicalmente il mercato immobiliare inglese, consapevole del fatto che se quel settore funziona, l’economia riprende. Sostanzialmente permise agli affittuari di acquistare l’abitazione dove vivevano usufruendo di agevolazioni fiscali. Il mercato si impennò.

Si occupò personalmente della Guerra delle Falkland, dicendo testuali parole:  “Chi si trova in guerra, non si può far distrarre da complicazioni diplomatiche, deve superarle con ferrea volontà”

Nel 1984 attaccò il potere dei sindacati, rendendoli responsabili di ogni danno cagionato da scioperi non approvati con voto segreto dai lavoratori. Ci furono picchettaggi, ma la Iron Lady non mollò. E non lo fece neppure con l’Europa. Famosissima la sua frase “i want my money back” (voglio i miei soldi indietro), poichè l’Inghilterra forniva il 50% dei finanziamenti che finivano nel mercato agricolo in cui non era particolarmente attiva, a scapito della sua liquidità e a favore solo di altri Paesi, soprattutto della Francia. Ottenne che il Canale della Manica venne costruito TUTTO con capitali privati, tramite una commessa. Privatizzò di tutto, al prezzo di mercato alzato di una percentuale di mancati futuri guadagni ( British Airways, British Gas, British Communication, British Steel, tutte aziende che ad oggi macinano introiti importanti), riducendo così l’esposizione statale e garantendo anche un lauto rimpinguamento delle casse dello Stato. Rivoluzionò persino la borsa, consentendo maggiori speculazioni, e questa a mio parere fu una delle sue uniche pecche. In compenso varò la storica riforma sulla sicurezza negli stadi.

Ed in politica estera, si oppose fermamente ad un’Unione Europea e soprattutto alla creazione della Moneta Unica. E l’ebbe vinta, perchè l’Inghilterra non ha adottato l’Euro, traendone grande vantaggio. Famosi rimangono i suoi tre “no” alle richieste di Jacques Delors, Presidente della Commissione europea, che chiedeva al Regno Unito un avvicinamento politico all’Unione Europea e che sancirono in maniera definitiva l’isolamento britannico dalla comunità.

Ora Vi pongo una domanda: con tutti i suoi eccessi, con riforme all’epoca contrastate ma i cui frutti si vedono oggi, con l’Inghilterra che ha mantenuto la sua sovranità monetaria, con tutto quello che avete letto, la Iron Lady potrebbe essere paragonata ad una dittatrice, che ha però pensato solo al bene dei suoi cittadini. Non vorreste un personaggio così per risanare l’Italia?

Parliamoci chiaro, un dittatore in Italia già esiste sotto mentite spoglie, si chiama Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica e inginocchiato solo ai desideri dei poteri forti.

Girano voci preoccupanti, che vorrebbero come suo successore Romano Prodi.

Mentre per la Thatcher si ricordano frasi e citazioni importanti, io non mi tolgo dalla mente la sua più nota “faremo vedere i sorci verdi alla Francia”. Un linguaggio certamente degno di una persona come lui.

Ripercorriamone brevemente la storia, sempre facendo mentalmente un confronto con la Thatcher.

Romano Prodi, economista assolutamente incompetente, consigliere di Goldman Sachs, braccio destro di George Soros, tanto da organizzargli nel 1995  una laurea honoris causa, fingendo di dimenticarsi che lo speculatore solo tre anni prima aveva messo in atto vergognosi attacchi speculativi contro la lira ed il sistema monetario europeo.

Non riesco a capire come Romano Prodi, esclusivamente negli ambienti di sinistra e di potere, possa godere di una fama completamente irreale, specie alla luce della totale incompetenza dimostrata, e come, senza pudore, non decida di dedicarsi al mestiere di nonno levandosi dalle palle, ma pretenda ancora di poter avere incarichi costituzionali di grande pregio in Italia.

Certo, se fosse il successore di Napolitano (lui o l’ancor peggio Mario Draghi), sarebbe un segnale evidente che in Italia davvero o si fa una rivoluzione che parte dai cittadini, oppure continueremo ad essere colonizzati da figure indegne di essere chiamati italiani.

Torniamo a Prodi ed a quello che ha fatto in Italia.

Ottavo di nove fratelli, casualmente tutti diventati docenti universitari, la carriera di Prodi inizia come assistente di vari docenti, vantandosi di essersi specializzato nelle piccole e medie imprese, dimenticando però una parola, distruzione.

Ovviamente parte la sua carriera politica dalla Democrazia Cristiana (morto il partito, ma tutti gli appartenenti, a parte qualche capro espiatorio di mani pulite, si sono riciclati per bene, Renzi su tutti); durante il IV Governo Andreotti produsse la “legge Prodi“, con lo scopo di consentire allo Stato in amministrazione straordinaria di intervenire sulle grandi aziende in crisi. Spadolini lo nomino’ a capo dell’Iri. E qui cominciano i veri danni.

Attraverso le privatizzazioni che Prodi portò avanti come presidente dell’Iri negli anni novanta, distrusse e svendette settori portanti dell’industria italiana. Quello agro-alimentare, acquisito da gruppi olandesi, inglesi ed americani. La siderurgia di Stato, Italtel. Le telecomunicazioni, privatizzazione scandalo di Telecom. Ed ancora Eni, Imi, parte di Enel.

Credete forse Prodi tanto intelligente da portare avanti una simile impresa colossale? No, serve un grande gruppo di potere: Bildelberg, Rothschild, Goldman Sachs… Prendiamo allora quest’ultimo, una cosiddetta merchant bank  presente al famoso summit del Britannia, dove si decise lo smantellamento dello Stato-imprenditore italiano; ha poi ricoperto un ruolo essenziale nel processo di privatizzazione delle partecipazioni statali, favorendo l’intervento delle grandi multinazionali sue clienti privilegiate e potendo contare per questo sull’amicizia di importanti uomini di potere nostrani, come Mario Draghi, che è stato fino all’altro ieri vicepresidente Goldman per l’Europa, e poi proprio il Romano Prodi, a più riprese consulente di livello della banca e per questo assai ben remunerato (3,1 miliardi di lire di compensi, come scrissero il Daily Telegraph e l’Economist). Ricordatevi bene: Draghi presiedette il comitato per le privatizzazioni.

Così, Goldman Sachs acquistò per due soldi l’immenso patrimonio immobiliare di Eni, Fondazione Cariplo, Unim, Ras e Toro. Prodi privatizzò il Credito Italiano tramite la Goldman ad una quotazione inferiore di quella di borsa, vendette Italgel alla Nestlè per un terzo del suo valore, la Sme a De Benedetti, l’Alfa alla Fiat, Stet, Sirti, senza parlare del caso Cirio. Un elenco interminabile.

Prodi negli anni 90 in sintesi svendette le parti migliori industriali dell’Iri ai suoi potenti amici. Già solo per questo dovrebbe esssere in galera a marcire, ma è fortunato e soprattutto protetto, perchè FACILMENTE MANOVRABILE.

Questo video cade a pennello:

https://www.youtube.com/watch?v=4K7rudBmNUc

Ma andiamo avanti.

Nel 1995 Prodi fu eletto Presidente del Consiglio, restando in carica fino al 1998. Ma in questo breve lasso di tempo troverà modo di negoziare con l’Europa un concambio lira/euro oltre lo svantaggioso: l’Italia rientrerà nella Sme col cambio fissato a 990 lire per ogni marco tedesco, cifra che farà da base per il cambio lira/euro a 1936,27. L’operazione, da più parti additata oggi come la radice della contrazione del potere di acquisti degli italiani da quando è stata introdotta la moneta unica, ci costa pure: per la moneta unica, il governo impone una eurotassa, la cui restituzione integrale stiamo ancora aspettando.

Vi pubblico un’immagine gentilmente concessami dal mio amico di Twitter Don Alfonso:

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Dopo una brevissima ma devastante esperienza in Commissione Europea, venne richiamato dai vari Partiti che non sapevano chi contrapporre a Berlusconi, e vinse. Restò in carica per poco meno di due anni, ma gli furono sufficienti per distruggere la riforma delle pensioni (il celebre scalone) approntata dal precedente governo; introdurre, appoggiato dal duo Padoa-Schioppa e Visco, una valanga di nuove tasse tanto da far segnare il record decennale di pressione fiscale nel 2007 (quota 43.1%).

Ce ne siamo finalmente liberati? Pare di no, visto che il suo nome torna prepotentemente a galla come successore di Napolitano. Ed a mio parere sarebbe quanto di più negativo potrebbe toccare all’Italia: l’uomo è un essere senza scrupoli, prepotente e vendicativo, che con la sua longevità politica fornisce la concreta dimostrazione di tutta la sua pericolosità e della sua capacità di riciclarsi nelle situazioni più diverse.

Due ultimi aspetti: Prodi fonda Nomisma Spa, che casualmente riceve miliardi di lire di finanziamenti pubblici e ciò nonostante registra incredibili perdite in bilancio. Ma il caso Nomisma merita un capitolo tutto suo, che non mancherò di scrivere.

E l’ultimo, che avrebbe anche aspetti grotteschi se non ci fosse in mezzo la morte di Aldo Moro.

Il 3 aprile 1978, badate bene, nel corso di una seduta spiritica a cui partecipa il futuro presidente dell’IriRomano Prodi, una “entità”[nella fattispecie, e come risulterà dal verbale, gli spiriti di Don Sturzo e La Pira, n.d.r] avrebbe indicato “Gradoli” come luogo in cui era tenuto prigioniero Aldo Moro.

Sulla base della segnalazione dall’aldilà, il 6 aprile viene organizzata una perlustrazione a Gradoli, un paesino in provincia di Viterbo. Al ministero dell’Interno, che aveva in precedenza ricevuto la segnalazione su via Gradoli, nessuno mette in collegamento le due cose. E’ la moglie di MoroEleonora, a chiedere se non potrebbe trattarsi di una via di Roma. Cossiga in persona, secondo la testimonianza resa in commissione da Agnese Moro, risponde di no. In realtà via Gradoli esiste, e sta sulle pagine gialle. In seguito alla seduta il professor Prodi si reca a Roma per trasmettere l’indicazione ad Umberto Cavina, capo ufficio stampa dell’on. Benigno Zaccagnini.

E’ la seconda volta che viene fuori il nome “Gradoli”. La prima fu una manciata di giorni prima. Il 18 marzo, alle 9 e 30 del mattino, gli agenti del commissariato Flaminio Nuovo si presentano al terzo piano della palazzina al numero 96 di via Gradoli, una stradina residenziale sulla via Cassia. Una “soffiata” molto precisa, forse proveniente da ambienti vicini ai servizi segreti, ha segnalato che lì, all’interno 11, c’è un covo delle Br. Gli agenti bussano alla fragile porta di legno, ma nessuna risponde. Apre invece l’inquilina dell’interno 9, Lucia Mokbel, e racconta di aver sentito provenire dall’appartamento sospetto dei ticchettii simili a segnali Morse. Secondo le disposizioni vigenti i poliziotti dovrebbero a quel punto sfondare la porta, o quantomeno piantonare il palazzo. Invece vanno via. Al processo Moro presenteranno un rapporto di servizio grossolanamente falso, costruito a posteriori, stando al quale i vicini avrebbero fornito “rassicurazioni” sull’onestà dell’inquilino dell’interno 11, il ragionier Borghi, alias Mario Moretti. Saranno sbugiardati pubblicamente, ma mai puniti.

Il 18 aprile la porta dietro cui forse era stato nascosto, fino a qualche giorno prima, lo stesso Aldo Moro, viene finalmente sfondata. Non da polizia e carabinieri però, ma da pompieri; che ci arrivano a causa di un allagamento. Anche se i brigatisti lo hanno sempre negato, si tratta di una messinscena organizzata perché il covo venga scoperto: il telefono della doccia è sorretto da una scopa e puntato contro una fessura nel muro aperta con uno scalpello in modo da far filtrare meglio l’acqua lungo i muri fino all’appartamento dei vicini, che infatti daranno l’allarme.

Il 10 giugno 1981 Romano Prodi viene chiamato a testimoniare davanti alla Commissione Moro per rispondere degli avvenimenti che sarebbero occorsi durante la seduta spiritica. Leggete con attenzione.

AUDIZIONE DI ROMANO PRODI PRESSO LA COMMISSIONE MORO – 10 GIUGNO 1981
  • PRESIDENTE: Debbo richiamare la sua attenzione sul fatto che la Commissione assume le sue dichiarazioni in sede di testimonianza formale e sulle conseguenti responsabilità in cui ella può incorrere, anche in relazione al dovere della Commissione di comunicare all’Autorità giudiziaria eventuali dichiarazioni reticenti o false (…)
  • ROMANO PRODI: Ripeto quanto ho già scritto nella mia lettera. In un giorno di pioggia in campagna, con bambini e con le persone che penso vedrete successivamente, perchè sono tutte qui, si faceva il cosiddetto «gioco del piattino» (…) Uscirono Bolsena, Viterbo e Gradoli. Naturalmente, nessuno ci ha badato; poi, in un atlante, abbiamo visto che esiste il paese di Gradoli. Abbiamo chiesto se qualcuno ne sapeva qualcosa e, visto che nessuno ne sapeva niente, ho ritenuto mio dovere, anche a costo di sembrare ridicolo, come mi sento in questo momento, di riferire la cosa (…)
  • CORALLO: Per farla sentire meno ridicolo, dato che questa sensazione è un po’ comune a tutti … Mi scusi, professore, vorrei dirle che la scrupolosità della Commissione parte da un’ipotesi che dobbiamo accertare essere inesistente, e cioè – non credo molto agli spiriti – se ci possa essere stato qualcuno capace di ispirarli (…) Chi partecipò attivamente al gioco? Voi eravate tanti, però un ditino sul piattino chi lo metteva?
  • ROMANO PRODI: A turno tutti: c’erano 5 bambini; era una cosa buffa. Non crediamo alla atmosfera degli spiriti e che ci fosse un medium. Io le dico: tutti; anch’io ho messo il dito nel piattino (…)

 

  • PRESIDENTE: Non c’era un direttore dei giochi?
  • ROMANO PRODI: No. Bisogna vedere come se ne sono impadroniti i giornali; come di una seduta medianica, che non so nemmeno cosa sia, ma era un gioco collettivo invece, come tutti facemmo in quel momento; l’ho imparato dopo.
  • LAPENTA: Chi lanciò l’idea di questo gioco?
  • ROMANO PRODI: All’inizio il padrone di casa; non so… All’inizio ero in disparte con i bambini e dopo il gioco mi ha incuriosito.
  • FLAMIGNI: Come venne fuori la specificazione «casa con cantina»?
  • ROMANO PRODI: Ne sono venute fuori diecimila di queste cose: è venuto fuori «cantina», «acqua». In questo momento non lo ricordo nemmeno; il gioco è andato avanti per ore (…) Ripeto che non ho preso sul serio queste cose e, evidentemente, se non ci fosse stato quel nome, non avrei nè raccontato nè detto la cosa perchè cerco di essere un uomo ragionevole, onestamente.
  • FLAMIGNI: Nella testimonianza che lei ha reso al giudice dice: «Fui io a comunicare al dottor Umberto Cavina, nonchè il giorno prima alla Digos di Bologna attraverso un collega universitario, la notizia concernente la località: Gradoli, in provincia di Viterbo. A tale indicazione, con l’aggiunta che poteva trattarsi di una casa…»
  • ROMANO PRODI: Guardi, non me lo ricordavo neanche per il poco peso che gli ho dato. Ne sono saltate fuori tante di queste cose! Tutti hanno detto che non conoscevano questo paese; questo era importante.
  • PRESIDENTE: La notizia era talmente importante che se l’avessero ben utilizzata, le cose probabilmente sarebbero cambiate.
  • ROMANO PRODI: Non ho mai creduto a queste cose … sarà stato un caso.
  • COLOMBO: Tutte le persone parlavano di un paese…
  • ROMANO PRODI: Bolsena, Viterbo, Gradoli; si faceva la targa VT; i monti Volsini… ripeto, dopo si dava importanza perchè avevamo visto dove erano; con la carta geografica in mano, fa tutti i «ballottini» che vuole…
  • CORALLO: «Ballottini» sta per piccoli imbrogli.
  • ROMANO PRODI: Con la carta geografica davanti davanti, lei capisce non è più…Scusi l’espressione.
  • FLAMIGNI: Dopo la seduta spiritica…
  • ROMANO PRODI: No, era veramente un gioco.
  • FLAMIGNI: Non si può chiamare seduta spiritica.
  • ROMANO PRODI: Non me ne intendo; mi dicono che ci vuole un medium.
  • FLAMIGNI: Comunque il risultato, la conclusione è che almeno quando viene fuori la parola «Gradoli» le si attribuisce importanza perchè lo si comunica alla segreteria nazionale della Dc, al capo della Polizia; poi, si muove tutto l’apparato.
  • ROMANO PRODI: Quando l’ho comunicato a Cavina m’ha detto che ce ne sono state quarantamila di queste cose. Fino al momento del nome, non era stato molto importante; per scrupolo (…) lo comunichiamo (…)
  • FLAMIGNI: Lei venne appositamente a Roma per riferire a Cavina?
  • ROMANO PRODI: No, era un convegno…non ricordo su che cosa, e dovevo venire a Roma.
  • FLAMIGNI: E quanti giorni dopo il «giochetto»?
  • ROMANO PRODI: Due-tre, non ricordo (…)
  • FLAMIGNI: Chi interpretava le risposte del piattino?
  • ROMANO PRODI: Un po’ tutti. Era semplice, vi erano le lettere, si mettevano in fila e si scrivevano.
  • FLAMIGNI: Bisognerebbe capire qual era esattamente lo svolgimento del gioco (…) quali erano le domande poste.
  • ROMANO PRODI: Le domande erano: dov’è? perchè? Moro è vivo o morto? Del resto, persone che hanno fatto altre volte il «piattino» sanno di che cosa si tratta e possono darle spiegazioni più esaurienti.
  • BOSCO: Chi erano le persone che l’avevano fatto altre volte?
  • ROMANO PRODI: II professor Clò, ad esempio, ed altri che risponderanno perchè sono tutti qui (…)
  • FLAMIGNI: (…) sarebbe importante quantificare quali furono le domande.
  • ROMANO PRODI: Questo non ha niente a che fare con la tecnica del gioco ed è evidente che me lo ricordi. Le domande erano: dov’è Moro? Come si chiama il paese, il posto in cui è? In quale provincia? E nell’acqua o nella terra? E’ vivo o morto?
  • FLAMIGNI: Quali erano le risposte ad ognuna di queste domande?
  • ROMANO PRODI: Qui intervengono problemi tecnici sui quali potranno essere date spiegazioni più esaurienti delle mie; comunque, vi erano delle lettere su un foglio e il piattino, muovendosi, formava le parole e indicava sì o no.
  • FLAMIGNI: Che cosa succede: uno mette il dito su questo piattino?
  • ROMANO PRODI: No, tutti.
  • FLAMIGNI: Ad un certo momento parte un impulso per cui il piattino si sposta e va su una lettera?
  • ROMANO PRODI: Sì. Posso comunque dire che, dopo questa esperienza, ho trovato tanta gente che mi ha confessato di aver fatto la medesima cosa.
  • CORALLO: (…) Di solito, quando il piattino comincia a muoversi, la domanda che si fa è: chi è l’interlocutore, lo spirito con il quale ci si intrattiene.
  • ROMANO PRODI: Alla fine è accaduto anche questo, ma all’inizio no. C’è stato chi ha detto: interroghiamo Don Sturzo o La Pira, ma le prime risposte, in un primo momento, erano soltanto sì o no.
  • CORALLO: L’interlocutore era dunque ignoto.
  • ROMANO PRODI: All’inizio sì, poi vi furono anche interlocutori vari tra i quali, per quel che mi ricordo, Don Sturzo (…)
  • CORALLO: Si trattava dunque di un gioco in famiglia, tra amici. Un’ultima domanda professore: tra i partecipanti, vi era anche qualche esperto di criminologia?
  • ROMANO PRODI: No, assolutamente no (…) Tra i partecipanti alla seduta vi ero io, che sono un economista, il professor Gobbo, che ha la cattedra a Bologna di politica economica, il professor Clo, che ha l’incarico di economia applicata all’Università di Modena e che si interessa di energia, ma di petrolio, non di fluidi. Vi era anche suo fratello che è un biologo (non so di quale branca, anche se mi pare genetica) e vi era anche il professor Baldassarri che è economista, ha la cattedra di economia politica all’Università di Bologna. Tra le donne vi erano mia moglie, che fa l’economista, la moglie del professor Baldassarri, laureata in economia, ed altre che non so cosa facciano professionalmente.
  • SCIASCIA: Nella lettera che è stata mandata alla Commissione, firmata da tutti voi, si dice che la proposta di fare il gioco è partita dal professor Clo.
  • ROMANO PRODI: Perchè era il padrone di casa.
  • SCIASCIA: Nella lettera si aggiunge che tutti vi parteciparono a puro titolo di curiosità e di passatempo, che la seduta si svolse in un’atmosfera assolutamente ludica.
  • ROMANO PRODI: Vi erano cinque bambini al di sotto dei dieci anni!
  • SCIASCIA: Si dice anche che nessuno aveva predisposizione alcuna di tipo parapsicologico o, comunque, pratica di queste cose, ma una certa pratica di queste cose qualcuno doveva pur averla!
  • ROMANO PRODI: Certo, a livello di gioco, la tecnica era conosciuta; però pratica di queste cose direi che non vi fosse. Ripeto, a posteriori, mi sono reso conto che vi è gente che tutte le sere lo fa!
  • SCIASCIA: Tra i dodici, qualcuno aveva pratica di queste cose?
  • ROMANO PRODI: Intendiamoci sulla parola pratica, onorevole Sciascia. Se qualcuno lo aveva fatto altre volte voi lo potrete sapere chiedendo agli altri, ma nella nostra lettera abbiamo detto che non vi era nessuno che, con intensità, si dedicava a questo. naturalmente vi era qualcuno che, altre volte, l’aveva fatto.
  • SCIASCIA: Francamente, io non saprei farlo.
  • ROMANO PRODI: Anche io non sapevo farlo! Non ne avevo la minima idea e, infatti, mi sono incuriosito moltissimo.
  • SCIASCIA: La contraddizione che emerge è questa: se c’è una seduta di gente che crede negli spiriti o, comunque, nella possibilità che si verifichino fenomeni simili, se c’è una seduta di questo genere – ripeto – e ne viene fuori un certo risultato del quale ci si precipita ad informare la Polizia ed il Ministero dell’Interno lo posso capire benissimo, ma che si svolga tutto questo in un’atmosfera assolutamente ludica, presenti i bambini, per gioco, e che poi si informi di ciò la Polizia attraverso la mediazione di uno che non era stato presente al gioco, e se ne informi quindi il Ministero dell’Interno, a me sembra eccessivo e contraddittorio.
  • ROMANO PRODI: Ma è venuto fuori, onorevole, un nome che nessuno conosceva! Anche se ci siamo trovati in questa situazione ridicola, noi siamo esseri ragionevoli. Ci siamo chiesti tutti: Gradoli nessuno di voi sa se ci sia? Se soltanto qualcuno avesse detto di conoscere Gradoli, io mi sarei guardato bene dal dirlo. E’ apparso un nome che nessuno conosceva, allora per ragionevolezza ho pensato di dirlo.
  • SCIASCIA: Direi per irragionevolezza.
  • ROMANO PRODI: La chiami come vuole. La motivazione reale è che con una parola sconosciuta, che poi trova riscontro nella carta geografica, a questo punto è apparso giusto per scrupolo…
  • SCIASCIA: Poteva far parte della insensatezza del gioco anche il nome Gradoli.
  • ROMANO PRODI: Però era scritto nella carta del Touring.
  • SCIASCIA: La signora Anselmi dice che seguirono dei numeri che poi risultarono corrispondere sia alla distanza di Gradoli paese da Viterbo sia al numero civico e all’interno di via Gradoli.
  • ROMANO PRODI: Questo proprio non mi sembra … c’era sul giornale…
  • SCIASCIA: La signora dice di aver sentito questo dal dottor Cavina.
  • ROMANO PRODI: Onestamente io non.. Non avrei difficoltà a dirlo.
  • CORALLO: Nell’appunto di Cavina c’è il numero della strada.
  • ROMANO PRODI: Può darsi che negli appunti ci sia perchè dopo abbiamo visto sulla carta, strada statale, i monti vicini. L’importante è che si trattava del nome di un paese che a detta di tutti nessuno dei presenti conosceva. Capisco che era tutta un’atmosfera irragionevole, però…
  • SCIASCIA: Non mi sembra determinante il fatto che non si conoscesse il nome. Viterbo si conosceva e poteva benissimo trattarsi anche di Viterbo.
  • ROMANO PRODI: Se fosse stato Viterbo, non ci avrei badato perchè si può sempre comporre una parola che si conosce.
  • SCIASCIA: Chi ha deciso di comunicare all’esterno il risultato della seduta?
  • ROMANO PRODI: L’ho fatto io perchè ero l’unica persona che conoscesse qualcuno a Roma. Ho parlato con tutti, con Andreatta etc. Non è che ho telefonato d’urgenza; ho detto vado a Roma e lo comunico. Questo è stato deciso una volta che si è saputo che esisteva questo paese che nessuno conosceva.
  • SCIASCIA: Ora le farò una domanda che farò a tutti. Lei ha mai conosciuto nessuno accusato o indiziato di terrorismo?
  • ROMANO PRODI: Mai.
  • COVATTA: II senso della domanda è se qualcuno aveva interesse ad ispirare gli spiriti.
  • ROMANO PRODI: E’ sempre la domanda che mi sono sempre posto anch’io.
  • BOSCO: All’interrogativo che si è posto, come ha risposto? Cioè se qualcuno poteva aver ispirato gli spiriti.
  • ROMANO PRODI: Lo escluderei assolutamente.
  • BOSCO: Quindi si è trattato di spiriti.
  • ROMANO PRODI: O del caso … Non so … Mi sembra che il senso della domanda dell’onorevole Covatta sia quello di chiedere se c’era qualcuno che voleva fare «il furbetto», spingendo in un certo modo o rallentando. Questo no. D’altra parte…
  • FLAMIGNI: Se avessimo ascoltato un riferimento di quella seduta in maniera molto impegnata e che i protagonisti credevano veramente allo spiritismo e alla possibilità di avere qualche forza in aiuto, allora mi darei una spiegazione, ma proprio perchè il professor Prodi parla di tutto ciò come un gioco, la mia curiosità si accentua. Ritengo che qualcuno potesse anche sapere. Parto da questa considerazione per dire che voglio conoscere le domande effettive e le risposte che sono venute fuori.
  • ROMANO PRODI: Ho detto le domande effettive e le risposte. Uno dei problemi che si pone per una cosa del genere è proprio quello contenuto nella sua domanda. Crede che quando è uscito il nome di via Gradoli io non mi sia posto il problema di chiedermi se c’era qualcuno che faceva il furbo? Altrimenti non sarei qui in questa situazione in cui mi sento estremamente imbarazzato ed estremamente ridicolo (…)

Il caso viene riaperto nel 1998 dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo e le stragi, al fine di chiarire le motivazioni che avrebbero portato su un’altra pista le ricerche della prigione di Moro ed escludere che l’utilizzo del nome “Gradoli” fosse stato un modo per informare le stesse Brigate Rosse dell’avvicinamento delle forze di polizia all’omonima via, sita nei pressi della via Cassia di Roma. Il professor Prodi non si rende disponibile per essere ascoltato dalla Commissione parlamentare.

Il 5 aprile 2004 Romano Prodi viene ascoltato come testimone dalla “Commissione parlamentare d’inchiesta concernente il dossier Mitrokhin e l’attività d’intelligence italiana”. Secondo il presidente della commissione, Paolo GuzzantiProdi “non ha avuto il coraggio di pronunciare le parole seduta spiritica, piattino o tazzina”. Nel corso della seduta, l’On.Fragalà ha ricordato all’ex presidente dell’Iri un articolo del settimanale “Avvenimenti“, secondo il quale Giuliana Conforto, figlia di Giorgio Conforto, agente del Kgb con nome in codice Dario, aveva ospitato Valerio Morucci e Adriana Faranda, brigatisti contrari al sequestro di Moro. Un’amica di ConfortoLuciana Bozzi, aveva affittato la casa di via Gradoli al commando delle Br. Secondo questa tesi, non commentata da Prodi, fu il Kgb a far sapere del covo di via Gradoli e la messinscena della seduta spiritica fu organizzata per coprire la vera fonte.

Bene, direi che il quadro Prodi è stato dipinto, anche se su di lui c’è talmente tanto materiale da poter riempire quadri per un’intera galleria d’arte. 

Ringraziando di cuore i franchi tiratori che hanno bocciato la sua elezione a Presidente della Repubblica, pregandovi di toccare tutto il toccabile perchè possa accaderci questa sciagura.

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