Oggi avrebbe compiuto 54 anni.

Quella domenica non me la dimenticherò mai.

Ero davanti alla televisione, e stato guardando il Gran Premio di San Marino, 1 maggio 1994.

Ayrton Senna, probabilmente il più grande pilota automobilistico di sempre, esce di pista, uno schianto impressionante.

Non sono più riuscita a staccare gli occhi dal video.

E l’immagine della sua testa a penzoloni ancora mi fa arrossire gli occhi.

Ayrton Senna rasentava la perfezione dei tempi: bello, bianco, accompagnato da splendide donne, ricco e vincente. Insomma, aveva tutto per risultare antipatico, eppure era amato e venerato come pochi.

Il motivo?

Umiltà, persona di poche parole ma di grandi fatti, elevata statura morale.

Solo in seguito alla sua morte si conosceranno tutte le opere benefiche che lui, di nascosto, ha portato avanti per il suo Brasile.

Quel Gran Premio non si sarebbe dovuto correre.

I presagi furono nefasti fin dalle prove: l’incidente a Rubens Barrichello, fortunatamente senza gravi conseguenze, seguito però dall’incidente mortale alla variante Villeneuve di Roland Ratzenberg: Senna decise di partecipare al GP esibendo in segno di lutto la bandiera dell’Austria.

Man mano che rientravano i miei famigliari in casa, tutti in piedi davanti alla televisione, pregando perchè potesse sopravvivere. Piangendo per lui.

Inutilmente.

Fu una perdita pesantissima: eppure grazie alla sua morte finalmente i padroni della F1 decisero di porre fine a queste gare al massacro ed impostarono regole e normative volte alla tutela dei piloti.

Non è morto invano.

Ma intanto Ayrton non c’è più. E a distanza di vent’anni il mondo, me compresa, lo piange ancora.

http://www.youtube.com/watch?v=PMNnDiVohn0

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