La Svizzera è davvero tanto perfetta?

Esiste ancora il miraggio della Svizzera come posto incantato dove tutto è assolutamente perfetto?
Dalle mie parti si.
Peccato che poi la realtà non sempre corrisponda al sogno.

Sono in vacanza al San Bernardino, una località sciistica a quanto pare adatta ai bambini, facilmente raggiungibile con un’oretta di viaggio da Lugano.

Considerando che aspettavo questi tre giorni di relax dalla mia unica settimana di ferie di agosto e che dovrò aspettare altri otto mesi per poter staccare un po’ dal lavoro, si può facilmente immaginare con che stato d’animo partivo. Come se un linfomane fosse stato costretto ad un’astinenza coatta per un anno e che alla fine si trovava davanti Luciana Turina, per intenderci. Tre giorni non sono una vita, ma è meglio che niente. Luciana Turina non è una gnocca da paura, ma è meglio di niente?

Comunque sia, mi sono assolutamente resa conto che devo imparare a cogliere i segni nefasti attorno a me. Voglio dire, stamattina alla partenza mi sono trovata davanti all’auto mia madre in stile Mago Otelma che prevedeva catastrofi meteorologiche indicibili per tutta la durata del viaggio. State attenti, è periodo di tempeste di neve… era la previsione più ottimistica.

In effetti attorno a noi splendeva un sole incredibile che ormai ci eravamo scordati come fosse, quindi la menagrama ha goduto di ben poca attenzione. In realtà lei aveva sbagliato oggetto su cui menare pitta: non era il tempo meteorologico, ma il tempo del viaggio.

Su un tragitto di circa due ore non è da tutti riuscire a trovare un’ora e mezza di coda, ma noi ci siamo riusciti. E in quel lasso di tempo difficile da riempire con una belva di tre anni a bordo, siamo stati allietati da circa otto telefonate della medesima gufa che diceva, vedrete, ora si sistemerà tutto.

Finalmente passiamo la dogana, ci mancano circa un’ottantina di chilometri all’arrivo. E’ quasi mezzogiorno, potremmo riuscire a pranzare addirittura giunti alla meta. Ma la nostra amica ci avvisa: ragazzi, meglio non rischiare, in Svizzera alle 13.30 non ti danno più nulla da mangiare, fermiamoci al prossimo Movenpick.

Il Movenpick.

I più sgamati lo conoscono. E’ un po’ come i nostri Autogrill, ma si mangia decisamente meglio. Ma si, perché no, il Movenpick non è così malvagio, meglio che addentare un panino preconfezionato di qualche negozietto di alimentari.

Purtroppo la rete autostradale svizzera non è come quella italiana. Non solo come estensione, tanto è vero che con un bollino da circa trenta euro puoi entrare per tutto l’anno in autostrada senza pagare più nulla. Ma anche come servizi: in Italia trovi un Autogrill ogni dieci chilometri, in Svizzera un Movenpick ogni 200.

Risultato?

Avremmo dovuto immaginarlo quando nel piazzale abbiamo visti posteggiati qualcosa come una ventina di pullman stile comitiva Semeraro in vacanza che avremmo trovato un leggerissima ressa per un posto a sedere. A dire il vero è stato anche peggio. L’età media dei viaggiatori era di circa ottant’anni: hanno tutto il tempo di fare un pasto pantagruelico e pretendono di farlo, con tanto di tappe strategiche in bagno per il cambio di ogni ora del Linidor. Il fatto che tu stai davanti a loro, bivaccati a due a due su tavoli che potrebbero accogliere almeno sei persone, con una bambina affamata in braccio, poco importa. Abbiamo provato a chiedere ad una signora che aveva davanti a se circa otto piatti vuoti se aveva finito di mangiare o se i restanti sette posti al suo tavolo erano liberi. La risposta è stata uno scocciatissimo: no, qui c’è mio marito, è occupato e abbiamo iniziato ora a mangiare. Sticazzi, alla faccia della vecchiaia. Con quello che è passato nelle loro bocche si poteva sfamare un mese i profughi del Darfur, ma pazienza, soprassediamo.

Prima di finire a fare una strage e venire condannata come prima serial killer nella storia elvetica, ho deciso di cambiare strategia. Proseguiamo per la nostra strada, alla prima uscita ci fiondiamo sulla cantonale, ci sarà un ristorante in giro.

Si giunge a Bellinzona. Appena fuori ecco quella che sembra la soluzione perfetta. Ristorante pizzeria.
Tra l’altro nel piazzale c’erano posteggiate un po’ di auto, quindi tutto faceva pensare che si mangiasse discretamente. Peccato che una volta entrati si è subito capito che le auto erano di proprietà della prole e dei suoceri dei proprietari, oltre che eravamo probabilmente gli ultimi clienti che vedevano ad occhio e croce da un anno a questa parte.

Certo, ci hanno trattato come dei reali, chiudendo un occhio sul tavolo stile attack e sui bagni modello discarica. La pizza era un foglio di compensato, sottilissimo per fortuna, ricoperto da una specie indefinita di formaggio filante: non si è capito se era taleggio stagionato o mozzarella scaduta. La cotoletta impanata era in realtà un gioco di gomma per cani, riscaldato. La birra non voglio neppure pensare cosa fosse. L’acqua era buona. Bè, mia figlia ha mangiato ed è parsa piuttosto soddisfatta, quindi va bene così.

Siamo ripartiti alla volta del San Bernardino, non prima che la nostra amica decidesse di chiamare l’albergo, chiedendo scusa per il ritardo e annunciando il nostro arrivo intorno alle ore quindici. Lei è svizzera, ci tira una filippica allucinante sul fatto che noi italiani non avremmo mai pensato a fare una telefonata di cortesia di questo tipo, ma gli svizzeri sono precisi e poiché c’è gente che lavora e che ci aspetta, è giusto avvisarli. Evidentemente chi lavora nell’albergo dove alloggiamo non è svizzero perché, nonostante sapessero del nostro arrivo, abbiamo dovuto aspettare circa un’ora e mezza per poter avere le nostre camere che ancora non erano pronte. C’è gente che lavora, si, ma viene il dubbio che lo faccia ovunque tranne che nel nostro albergo.

Pazienza. L’importante è essere arrivati. E poi siamo in vacanza, take it easy!

Ne approfitto per mandare qualche mail con la connessione wireless che sicuramente ogni albergo in Svizzera ha, specie uno considerato di categoria superiore. E quello che scopro ha dell’incredibile: anche gli svizzeri scroccano! Eh si, perché in questa megastruttura alberghiera non esiste la connessione wireless né una semplice adsl a pagamento, ma alla reception fierissimi ti dicono che nella hall si prendono tutte le reti senza fili delle vicinanze e quindi si usa internet ad uffa, come si dice dalle mie parti. Pazienza, siamo in vacanza, se mi capiterà un’urgenza lavorativa alle tre di notte nessuno si scandalizzerà a vedermi girare nella hall in mutandoni stile Bridget Jones in pensione.

Finalmente con le chiavi in mano apriamo la porta della tanto agognata stanza.
Porca vacca, ma siamo in montagna o nel Sahara? La temperatura media della stanza deve aggirarsi intorno ai 35 gradi, appena entrati mi sudavano persino le palpebre. Ho spento immediatamente tutto il riscaldamento, e dopo circa due ore di finestra spalancata sui tre gradi sotto zero, siamo ora ad una temperatura accettabile. Sul depliant in effetti parlavano di sauna, non immaginavo certo che intendessero quella a domicilio!

Ci cambiamo al volo e usciamo per una bella passeggiata sulla neve, un aperitivo e una cena.
Per aperitivo ci servono una tazza bollente di ovomaltina ricoperta di panna. Che potrebbe essere anche perfetta per scaldare chi è appena arrivato dalle piste da sci, purtroppo noi siamo ancora accaldati per il clima torrido del nostro arrivo e non ne siamo rimasti entusiasti. La prossima volta impareremo a chiedere la lista.

Si decide di rientrare in albergo e di cenare al suo ristorante. Una serata tranquilla per riprenderci dalla giornatina movimentata.
A dire il vero uno dovrebbe avere pure qualche dubbio quando, all’ingresso del ristorante, trova un cavalletto intitolato “Lo chef oggi consiglia” e un foglio assolutamente bianco sotto. Ma noi siamo ottimisti, non ci rendiamo conto ed entriamo. Abbiamo sorvolato pure sul cameriere che sembrava la reincarnazione del vecchietto di Benny Hill, che correva a destra e manca senza riuscire a servire neppure uno dei pochi tavoli occupati.

Avevo optato per un fritto di calamari, ma i miei compagni di disavventura mi guardano schifata. Rossella, che fai? Pesce in montagna? Ma dai… prendi piuttosto un bel piatto di polenta e brasato.

E sia, in effetti come ragionamento fila.
La polenta era cruda e assolutamente insipida, sembrava quasi di mangiare una pannocchia acerba. Il brasato, da quanto tempo l’avevano preparato??? Strano a dirsi in quanto essendo uno stracotto dovrebbe giovarsi persino di una cottura precedente e di un successivo riscaldamento. Invece No. Sembrava un sottopiede termico, di quelli in lana di vetro o qualcosa del genere che si mettono nelle scarpe d’inverno per tenere i piedi caldi. Se lo tagliavi troppo velocemente faceva le scintille.

Vabbè, ci rifaremo con il dessert.
Ci viene proposta una torta millefoglie a base di crema chantilly e crema al cioccolato. A sentire così pare uno spettacolo. Invece la crema chantilly l’hanno chiamata così solo per il colore giallognolo, il sapore era una via di mezzo tra una crema per le mani e un detersivo per i piatti. Ma la sorpresa più entusiasmante è stata la crema al cioccolato. Ne avete mai vista una… verde? Io no, fino ad oggi. Per di più che sapeva di carciofo avariato. Davvero incredibile.

Quasi quanto il fatto che mia figlia, di solito completamente inappetente, ha mangiato tutto e con grande gusto. Quanto meno ho scoperto che lei adora l’orrido, la porterò a cena da mia suocera più spesso.

Guardavo gli altri commensali ascoltare rapiti il cameriere mentre descriveva i piatti nel menu di questa sera: sa, precisava, abbiamo voluto migliorare la nostra offerta proprio perché siamo in periodo di feste. E figuriamoci a febbraio cosa propongono questi! Ero quasi colta da un moto di compassione e volevo avvisare i nostri vicini di tavolo: non mangiate quella torta!!!! Ma quando mi sono voltata mi hanno squadrata da capo a piedi… e così mi sono limitata a dire, ad alta voce, quanto fosse deliziosa. La soddisfazione è stata vedere le loro facce snob e schifate mentre mettevano in bocca un pezzo di ciò che alla vista pareva quasi decente.

La serata è finita con l’ennesima telefonata di mia madre, che si voleva sincerare del tempo e soprattutto ha fatto la fatidica domanda: ma si mangia bene?
Da oggi per me è la definizione vivente di portasfiga.

Ah, quanto rimpiango la mia amata Italia. Le occhiate sul fondoschiena che ti prendi dai camerieri mentre lasci il tavolo del ristorante migliore che tu abbia mai provato, la carta igienica che manca sempre in ogni camera d’albergo, il tutor che ti rovina la vacanza con le sue multe per eccesso di velocità.

Perché noi italiani non abbiamo la pretesa di essere migliori in tutto, ma solo quella di essere i migliori mediocri al mondo.

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0 Risposte a “La Svizzera è davvero tanto perfetta?”

  1. o mio dio,,,,che accanimento contro la svizzera,,neanche una te ne andata bene ,,,,mah,,,,,,

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