Chissà perchè…

Mesi fa avrei pianto come una disperata, oggi no.

Sto diventando più forte? Mi sto chiudendo sempre di più?

Probabilmente sì.

Ma non sono più disposta a tollerare di essere la violenta valvola di sfogo di nessuno, che, come diceva Colui che ci ha creati, osserva la pagliuzza nell’occhio del suo fratello, mentre non si accorge della trave che ha nel suo occhio?

O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell’occhio tuo c’è la trave? Ipòcrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».

Chissà perchè questo atteggiamento non è stato compreso nei sette vizi capitali, o forse ne raccoglie più di uno: superbia, ira, invidia….

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5 Risposte a “Chissà perchè…”

  1. Dicevo che l’invidia non nasce fuori dell’uomo, ma dal suo cuore. È l’amor sui la molla che la fa scattare, che porta a guardare malevolmente gli altri, soprattutto il loro progresso. E il cuore trova complice l’occhio che porta a stabilire il confronto con l’altro. Dante pone nell’occhio malevolo il centro dell’invidia. Nel canto XIII del Purgatorio impone agli invidiosi un singolare castigo: a loro vengono cuciti gli occhi con il fil di ferro: «E come alli orbi non approda il sole, / così all’om¬bre quivi, ond’io parlo ora / luce del ciel di se largir non vole; / ch’a tutti un fil di ferro i cigli fora / e cuce sì, come a sparvier selvaggio / si fa però che questo non dimora». E’ una punizione molto dura; si potrebbe dire: nulla da “invi¬diare” alle pene dell’inferno. Certo, il poeta voleva sottolineare la malvagità di questa passione che si rivolta anzitutto contro se stessi, appunto, non riuscire a godere per il bene degli altri per gioire solo della loro rovina.

  2. La superbia tende a vedere ingrandite le mancanze altrui e a ridurre e scusare le proprie. Bisogna evitare i giudizi negativi sugli altri. Un giorno il Signore, rivolgendosi a quanti erano accorsi per udirne gli insegnamenti, li ammo­nì dicendo: «Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo oc­chio, mentre nell’occhio tuo c’è la trave? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello» Manifestazione di vera umiltà è evitare il giudizio negativo, e spesso ingiusto, sugli altri.

  3. Se c’è qualcosa che non va in noi, nel nostro modo di essere o di pensare, viene riflesso negli altri intorno a noi, nell’ambiente che ci circonda.Quello che ci dà fastidio fuori di noi, è quello che ci dà fastidio di noi stessi. I difetti che vediamo negli altri non sono altro che un riflesso dei nostri difetti.Dice il Vangelo di Matteo (7,3-5): “Perché osservi la pagliuzza nell`occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell`occhio tuo c’è la trave? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.”Se il mio capo è arrogante e maleducato… Quanto lo sono io? Se il mio compagno pensa solo a se stesso, che cosa faccio io?Quello che ci dà fastidio fuori di noi è quello che noi vorremmo essere, ma che non riusciamo a raggiungere (vedi la favola La Volpe e l’Uva, ed il proverbio Chi disprezza ama) ed anche quello che non siamo riusciti a raggiungere in passato o che ci è stato negato.

  4. O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell’occhio tuo c’è la trave? Ipòcrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».

  5. Dicevo che l’invidia non nasce fuori dell’uomo, ma dal suo cuore. È l’amor sui la molla che la fa scattare, che porta a guardare malevolmente gli altri, soprattutto il loro progresso. E il cuore trova complice l’occhio che porta a stabilire il confronto con l’altro. Dante pone nell’occhio malevolo il centro dell’invidia. Nel canto XIII del Purgatorio impone agli invidiosi un singolare castigo: a loro vengono cuciti gli occhi con il fil di ferro: «E come alli orbi non approda il sole, / così all’om¬bre quivi, ond’io parlo ora / luce del ciel di se largir non vole; / ch’a tutti un fil di ferro i cigli fora / e cuce sì, come a sparvier selvaggio / si fa però che questo non dimora». E’ una punizione molto dura; si potrebbe dire: nulla da “invi¬diare” alle pene dell’inferno. Certo, il poeta voleva sottolineare la malvagità di questa passione che si rivolta anzitutto contro se stessi, appunto, non riuscire a godere per il bene degli altri per gioire solo della loro rovina.

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