CORTE D’APPELLO DI MILANO CONDANNA LA BANCA PER OMESSA INDICAZIONE DEI RISCHI SU DERIVATI

La Corte d’Appello di Milano bastona ancora le banche.

La banca ha l’obbligo di informare il cliente dei rischi inerenti il contratto derivato che intende sottoscrivere, esplicitando commissioni e costi ad esso connessi.

È quanto stabilito dalla Corte d’appello di Milano, che con Ordinanza del 24/04/2015 ha ritenuto inammissibile il ricorso presentato in giudizio da una banca nazionale, confermando la condanna già pronunciata dal tribunale di Milano con sentenza n. 5913/2014 a risarcire la società cliente delle somme già corrisposte per un importo di Euro 508.913,25 oltre interessi.

La vicenda è iniziata nel 2008, quando una piccola impresa operante nel settore del noleggio e vendita di piattaforme aeree ha stipulato con la banca – con la quale era correntista dal 2004 – un derivato IRS a copertura dal rischio di rialzo dei tassi di interesse.

Successivamente, la società ha agito in giudizio chiedendo la dichiarazione di nullità o risoluzione del contratto stipulato e la conseguente restituzione dei differenziali negativi pagati. Il CTU nominato dal giudice ha effettivamente ravvisato la presenza di commissioni implicite a carico della società non dichiarate dalla banca al momento della sottoscrizione del contratto, tali da rendere sproporzionato il rischio (alea) esistente tra le parti.

In tal modo la banca sarebbe venuta meno al dovere di informazione sui rischi attinenti l’operazione finanziaria ex art. 21 del TUF, che vanno necessariamente dichiarati in quanto da essi può dipendere l’interesse del cliente ed il rischio a cui esso decide di esporsi.

Tale mancata indicazione ha comportato un grave inadempimento da parte dell’istituto di credito, che ha portato alla risoluzione del derivato oggetto di vertenza e la restituzione di tutte le perdite provocate al cliente.

L’appello presentato in giudizio dalla banca è stato dichiarato inammissibile. La Corte d’Appello ha condiviso l’orientamento del precedente giudice e confermato quanto già deliberato in primo grado, condannando altresì la banca al pagamento delle spese di lite quantificate in Euro 6.000,00.

Questo è il testo dell’ordinanza:

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