Altro che il 17, è il 13 il vero numero portasfiga! Avventure tragicomiche di una stordita in vacanza

Come dicevo, sono partita per Cipro.

Probabilmente avrei dovuto riconoscere i segnali, ma io sono stordita di mio, quindi se non mi arrivano con tanto di schemino allegato comprensivo di precisa spiegazione, bè, sono assolutamente inutili: non li percepisco.

Cosa intendo per segnali?

Non parlo del classico gatto nero che ti attraversa la strada, ti vede e si tocca i maroni, elementare e troppo generico. Mi riferisco alle gufate che sono arrivate nei giorni prossimi alla partenza da persone che mi conoscono.

La zia ottantenne che ti dice di stare attenta allo smarrimento dei bagagli, in perfetto stile “ricordati che devi morire” della coppia mito Benigni-Troisi. L’amica del cuore che ti chiama non tanto per augurarti un buon viaggio, quanto per dirti “stai tranquilla andrà tutto bene”: peccato che non avessi manifestato alcun tipo di preoccupazione riguardo a questa vacanza. Il collega che ti dice: “attenta alle scottature”.

Insomma, cose del genere, più precise.

Ma io sono un’ottimista di natura, credo nel lieto fine, nelle creme anticellulite e nel Mulino Bianco.

Sicchè, valigioni pronti per ogni evenienza, controllo dell’ultimo secondo ok, pronti a partire.

Arriviamo al punto d’incontro del gruppo e pare andare tutto bene: persone simpatiche, puntualità, tutto precisissimo. I presagi sono felicissimi, ma l’arrivo a Malpensa e con esso l’inizio del nostro slalom tra una sfiga e l’altra è incombente.

Ci dirigiamo al check in, e qui la prima splendida notizia.

Mio marito non è italiano, pertanto per andare a Cipro i casi sono due: o si è in possesso anche del biglietto di ritorno (nel nostro caso essendo un tour promozionale organizzatissimo noi non abbiamo neppure l’ombra di un biglietto in mano), oppure serve il certificato di matrimonio in originale.

PANICO.

In aggiunta, di fronte alla mia espressione terrorizzata, la hostess addetta al check in mi chiede angelica: mi scusi, ma lei non porta con sè il suo certificato di matrimonio?

“Guardi – avrei voluto risponderle – normalmente porto con me tutte le mie pagelle delle elementari, un ortopantomografia recente nel caso in cui debbano identificarmi tramite i denti, la descrizione precisa delle mie zone erogenee perchè mia nonna mi ha insegnato che non si può mai sapere cosa ti capita, il mio cordone ombelicale essicato, una foto autografa di Harry Potter (e non si azzardi a dire che non era lui ma un attore perchè le faccio lanciare una maledizione cruciatus e poi ne riparliamo), la crema piedi della Just per curare le emorroidi da stress, il certificato scout di lupetto per chiedere gli sconti ai cinema nonostante abbia quasi 40 anni e, ovviamente, il mio certificato di matrimonio, IDIOTA!”

Bene, questo avrei voluto risponderle, aggiungendo anche un vaffanculo di quelli belli corposi; mi sono limitata ad un no e ad uno sguardo allucinato, ma ho ancora il dubbio che questo premio Nobel abbia capito che era per l’intelligenza della sua domanda piuttosto che per la sua pettinatura art déco tardo anni ’80.

Se c’è qualche pazzo che sta leggendo questi delirii, vorrei chiedere: ti ricordi dove hai il tuo certificato di matrimonio???

No, perchè, diciamocelo francamente. Sono pronta a scommettere che all’inizio si pensa di tenerlo a portata di mano magari per metterlo in una bella cornice per dargli l’importanza che merita… tempo un mese non ci si ricorda neppure più se l’abbiamo mai avuto.

Comunque sia, dopo essere stati trattenuti un’ora davanti al bancone del check in in attesa di quel sant’uomo di mio fratello che si prodigava per andare a cercarlo e a portarcelo direttamente in aeroporto, abbiamo la bella notizia: Rossella, ce l’ho e sto per arrivare, dove vi trovo? Semplice, rispondo io, partenze, ingresso 13.

“Ecco – tuona mio marito improvvisamente ripresosi dallo stato catatonico in cui si trovava a causa dei discorsi impegnatissimi con cui la famosa hostess cercava di intrattenerci in attesa del famigerato documento – lo vedi? Tu dici che è il 17 a portare iella, ma io ti ripeto da tempo che è il 13 il numero sfigato per eccellenza!”

In effetti, pensandoci bene, il 13 si è presentato più volte per questo viaggio:

– 13 giorni prima di partire abbiamo saputo che ce lo eravamo aggiudicato
– 13 sono gli operatori della nostra provincia che partivano
– 13 le volte che ho contattato l’ambasciata cipriota per essere sicura di non aver bisogno di documenti particolari per mio marito per partire
– era la 13esima volta che provavamo a vincere questa gara

Avrei potuto impensierirmi, invece no, perchè l’ottimismo è il sale della vita!

E così, mentre consegnavo il documento richiesto, avendo il nullaosta per imbarcarci, avevo l’ardire di chiedere alla mia amatissima hostess: “Ma le nostre valigie che stanno ancora qua mentre l’aereo parte tra 20 minuti, fate in tempo a caricarle?”

Risposta ovvia: “Signora, siamo dei professionisti, abbiamo avvisato dell’inconveniente un’ora fa, stanno aspettando voi e le valigie per partire”.

Beneeeeeeee… allora è tutto finito.

Ci dirigiamo di corsa al gate B, un po’ delusa perchè non sono riuscita a fare neppure un giro al duty del Terminal 1 di Malpensa, notoriamente ben fornito, ma pazienza, soldi risparmiati penso, Cipro arriviamo!

Il volo prosegue piuttosto bene, a parte i soliti piccoli inconvenienti: i vicini di posto, meglio, quelli che ti trovi nella fila davanti, che stressano l’anima perchè tua figlia di 4 anni respira, salvo poi appiopparti per tutto il volo la loro di una decina d’anni che è simpatica come una palata di letame sui piedi nudi.

Si atterra. E qualcosa era nell’aria, gli accompagnatori ci guardavano con fare funesto, pareva avessero paura a parlarci. Si avvicina uno, con grande nonchalance, e ci chiede: “Avete saputo la novità?”

No. Un’altra novità?

“Bè, si, in effetti una delle vostre valigie è rimasta a Malpensa, ma la fortuna vuole che sappiamo che è lì quindi per domani notte dovrebbe arrivare”.

MA PORCA STRAPALLA! ALLA FACCIA DEI PROFESSIONISTI!

E vogliono pure farci intendere di essere fortunati, perchè la valigia non è andata persa, sanno benissimo dov’è… a Milano.

Ovviamente, delle due valigie, arriva solo quella che ci interessava meno.

Facciamo il punto della situazione: siamo a Cipro, in ballo dalla mattina alle 11, con una bimba di 4 anni, un angelo davvero, a circa 40 gradi, sono le 10 di sera, puzziamo come capre ma se abbiamo culo tra due giorni potremo cambiarci, nel frattempo possiamo girare con jeans e camicia che ormai ci sono attaccati come una seconda pelle. Non male come prospettiva.

Vabbè, dai, il peggio è passato, arriveremo in albergo, farò un piccolo bucato al volo, domattina girerò per i negozietti nella hall comprerò qualcosa per la giornata e via, quello che ho risparmiato non andando al duty lo spenderò comprando robe schifose che non vorrei neppure regalate.

Dopo questa notizia saliamo sul pullman che ci porterà dall’aeroporto all’albergo, sono solo 100 km fatti su un mezzo stile Fiat 625 ma con l’aria condizionata a palla, roba che ti esce la nuvoletta dalla bocca per il freddo.

In realtà, Cipro è tanto bella quanto paradossale, e lo scopriamo strada facendo. La capitale Nicosia è divisa in due da una linea di frontiera, perchè nel 1974 la Turchia invase Cipro. Il risultato è la divisione tra Cipro Sud, che è la repubblica cipriota, e Cipro Nord, che è la repubblica turca di Cipro Nord. Un casino.

Eh si, perchè si arriva alla frontiera, e hai il problema del visto. Ti fanno compilare un foglio, poi un incaricato scende e va a farlo timbrare. Un’operazione semplice all’apparenza, che invece ha richiesto qualcosa come tre quarti d’ora di sosta, blindati su un pullman dal quale non potevamo neppure scendere.

Il paradosso?

Vista la tarda ora, il caldo, la stanchezza e quant’altro, c’era chi aveva bisogno di una toilette, che si vedeva chiaramente a circa 6 metri dal pullman. Non si poteva scendere però fino a che non si era autorizzati ad oltrepassare la linea di frontiera. Una volta avuto il visto, il pullman è partito, ha fatto questi sei metri e poi si è rifermato per concedere la visita al bagno.

Un consiglio per le autorità cipriote e turco-cipriote: la prossima volta, mettete un cesso a cavallo della linea di confine, perchè se beccate un incontinente vi potreste trovare nella situazione di doverlo arrestare perchè urinava senza permesso.

Vabbè, finalmente arriviamo in albergo, la notte porta consiglio, domattina è un nuovo giorno, non ci sono più le mezze stagioni, non tutte le ciambelle nascono con il buco, di mamma ce n’è una sola, questa casa non è un albergo, i bambini di oggi senza calcolatrice non sanno fare due più due, per sapere cos’e’ la fame dovevi vivere in tempo di guerra, pimpiripette nusa pimpiripette pa.

Bollettino di guerra del secondo giorno di vacanza, ieri.

Scendo nella hall, trovo un costume per mio marito, uno per me (oddio, chiamarlo costume è un’impresa, ha persino le coppe preformate ma di misura copricapezzolo, una chiccheria proprio), un paio di infradito per entrambi, pazienza se abbiamo il 39/40 e li abbiamo trovati solo 44/45, li useremo per camminare sulle acque della piscina.

Su, sta migliorando la situazione, bisogna solo tener duro fino a stasera, quando ci porteranno la valigia in albergo.

Invece no.

Alle 18 e 13 precise, non vorrei sottolinearlo ma è così, abbiamo la ferale notizia: la valigia è arrivata PERO’… il proprietario deve andare a prenderla in aeroporto.

CHE??????????????? 200 KM DA FARE ANCORA IN QUELLE CONDIZIONI PERCHE’ I PROFESSIONISTI DI STO CEPPO NON HANNO CARICATO LA MIA VALIGIA????

In effetti avevamo la scelta: o andare a prendercela, oppure lavare ogni sera maglietta, mutande, calzini, pantaloni e reggiseno per una settimana e farla rispedire indietro, visto che al ritorno partiamo da un altro aeroporto!

Pertanto mio marito, eroe della situazione, decide di sacrificarsi, mentre io con la piccola, per mantenermi impegnata e non farmi paranoie, sarei andata con il gruppo a cena in una vicinissima tavernetta tipica.

Sorvolo sulla mia cena: la vicinissima tavernetta distava mezz’ora di tragitto nel terribile pullman oltre che un quarto d’ora di scarpinata con pargola in braccio, il locale era praticamente impestato e in Italia non sarebbe stato aperto neppure pagando fior di tangenti, gli organizzatori avevano capito che si mangiava pesce mentre in realtà c’erano polpette di una carne non ben definita… insomma… fortuna che mia figlia ha sclerato così io e lei ce la siamo svignate con un taxi chiamato dall’hotel, e se non sono morta durante quella corsa mi si dovrà sopportare per un bel pezzo.

La parte più interessante della serata è sicuramente il racconto di mio marito sul recupero della valigia.

La partenza sembrava tranquilla: un autista lo preleva per portarlo in aeroporto. Tempo dieci minuti però, viene scaricato in una piazza di un paesino non ben decifrato. Si avvicina a lui un uomo con una specie di furgoncino, si ferma, scende, mette acqua nel radiatore e poi gli fa cenno di seguirlo.

Io avrei alzato il dito medio, ma lui è un temerario quindi è salito.
Mi ha detto che temeva di essere capitato nelle prove di un Camel Trophy: un pazzo scatenato alla guida di una carretta, che imbucava le strade contromano, parlava un misto di inglese e non so cosa, suonava il clacson e insultava chiunque, direi la situazione che tranquillizza, ovvia.

Arrivano in aeroporto, non si sa per quale miracolo vivi, questo personaggio si lancia in zona riservata trascinandosi dietro mio marito, riesce ad arrivare al ritiro bagagli, lancia letteralmente il foglio della denuncia all’impiegata, prende la prima valigia che gli capita a tiro e corre via, con la mia povera metà, che è un novello Forrest Gump, che lo rincorre ridendo come un pazzo.

Se non fossero stati a Cipro, sarebbe stata la puntata perfetta di Scherzi a Parte.

Non ho ancora ben capito come ha fatto, ma la valigia che ha preso era quella giusta. Quello stordito di mio marito poteva chiedergli pure sei numeri per il superenalotto, hai visto mai!

Non so dove si sono fermati nel tragitto di ritorno, so solo come ho visto tornare il maritozzo e che alitate lanciava: ma era lì, fiero, con la sua valigia, orgoglioso come se avesse catturato Bin Laden.

Bravo papi, ce l’hai fatta!

Finalmente oggi la giornata ha preso la giusta piega, le nostre vacanze stanno migliorando, peccato che siamo praticamente alla fine.

Ma sono certa che gli spunti per una nuova puntata delle tragicomiche avventure di una stordita in vacanza non mancheranno nei prossimi giorni.

Ah, dimenticavo, non riesco a dormire perchè, nonostante la protezione 50, la mia schiena sembra la superficie di Marte: è la tredicesima volta nella mia vita che mi ustiono e mi spelo la schiena in questo modo!

Adoro le coincidenze! 😉

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