Prima in Italia lo sport nazionale era salvare Fiat, ora è diventato salvare le banche. DI NUOVO.

Per decenni in Italia i vari governi sembrava avessero come hobby principale il rifondere le perdite del gruppo Fiat con denaro pubblico.

Ora, dopo aver spremuto tutto il possibile, Fiat è delocalizzata all’estero, e bisognerà pur usare una buona quantità di soldi NOSTRI per andare al salvataggio di aziende private, che magari evadono le tasse, dichiarano perdite inventate come si inventano il denaro che prestano a tassi usurai?

Si, il diktat imperante dei governi attuali è: SALVIAMO LE BANCHE.

Ma quante volte bisogna salvarle, specie sapendo che nascondono i loro fondi neri in paradisi fiscali?

A Bruxelles passa di mano in mano nelle ultime settimane una presentazione preparata alla BCE.

Il suo messaggio, espresso in grafici, è inconfondibile: la stretta al credito in Italia o altrove nel Sud Europa continua, ma non è per mancanza di liquidità, bensì per le sofferenze (e vi rimando ad un altro articolo che spiega come le banche le creano), la montagna dei prestiti a rischio di insolvenza (o già in default) prodotti dalla recessione e ora arenati nei bilanci delle banche.

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