Vi racconto come le banche rovinano le micro-imprese italiane: storia di un errore di cui nessuno si assume la responsabilità. La risposta del Ministero dello Sviluppo Economico.

Oggi farò qualcosa che non amo particolarmente: parlerò di me, o meglio, di parte del mio lavoro. E di come, nonostante l’impegno, la correttezza, le garanzie e quant’altro, esiste sempre qualcosa al di fuori della tua volontà che vanifica tutti i tuoi sforzi: il sistema bancario italiano.

Ne parlo oggi perchè ho ricevuto una mail dal Consigliere per le relazioni esterne del Ministro Scajola, Gian Andrea Cerone, a seguito di una mia missiva, mandata a tanti, troppi forse, parlamentari, governo, associazioni, quotidiani e non mi ricordo neppure più a chi. Gian Andrea Cerone è l’unico che mi ha risposto, anche se a distanza di due mesi, tempo comprensibile.

Vado per ordine.

Si parla tanto di crisi economica, ma da chi è stata causata?

Qualche idea, nel mio piccolo, me la sono fatta: gli speculatori.

In Italia i peggiori si chiamano banche: fino a che hanno potuto, hanno sfruttato il monopolio del sistema creditizio, applicando tassi di interesse e spese assurde e non giustificate o giustificabili.

Mi ricordo, ad esempio, un articolo del Decreto Bersani che eliminava le spese di chiusura di un conto corrente. Ebbene, in quel periodo ho cambiato banca, chiudendone due in Banca Intesa. Per entrambi mi sono vista addebitare circa 60 euro ciascuno con la dicitura “chiusura”; a tutt’oggi, nonostante le mie richieste, non si sa per quale motivo: ovviamente non sono stati rimborsati.

Che fine facevano i nostri soldi? Semplice, seguivano linee di investimento, ma non di quelle che vengono proposte ai clienti, perchè hanno una rendita ridicola. No, le banche prendono soldi, addebitano spese, interessi e via discorrendo, e li investono guadagnandoci. Alta finanza, la chiamano.

E quando questi investimenti si traducono in perdite? Bè, è crisi economica.

Semplicistica visione, lo ammetto
, per di più appartenente ad un piccolissimo imprenditore che certo non vanta grandi conoscenze economiche o finanziarie, ma solo una discreta esperienza personale nei rapporti con le banche. La sottoscritta, per l’appunto.

Il concetto di restrizione del credito alle micro-imprese non mi ha mai toccato più di tanto, fino allo scorso anno, per la precisione a dicembre 2008.

Anno difficile, difficilissimo, specie per chi come me opera nel campo automobilistico, nell’occhio del ciclone per questa crisi. E badate bene, non fatevi influenzare dai media: trattasi di crisi di produzione, non di vendita. Tanto è vero che se oggi ordini una vettura, di qualunque marca possa essere, la aspetti e subisci ritardi di consegna. Ma non voglio entrare nel merito di questo discorso, perchè esula da quanto voglio dire oggi.

Anno duro il 2008, le aziende sono state sommerse da oneri finanziari quasi raddoppiati, nonostante i tassi di interesse siano al minimo storico. Avete mai provato a presentarvi in banca dicendo questo? La risposta è sempre quella, ma voi pagate con l’euribor a tre mesi, dovete aspettare questi tre mesi per vedere qualche miglioramento. E quando il tempo passa, allora la scusa è un’altra: è vero che i tassi sono diminuiti, ma le banche aumentano lo spread: la sostanza è che non cambia un’accidente.
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Succede a Milano: i genitori, in crisi economica, non riescono a pagare la mensa per i figli, il preside decide di togliere il pasto a 34 scolari!

Nell’Italia della crisi economica succede anche questo, e fa rabbrividire.

La riporta il Corriere nelle pagine dedicate alla cronaca di Milano e provincia.

Alcuni sono in cassa integra­zione. Qualcuno è stato licenzia­to. Altri sono stranieri. «Non ab­biamo i soldi per pagare la retta della mensa scolastica ai nostri figli», spiegano i genitori. Risul­tato: niente pasti ai bambini.

In tutto sono 432 le famiglie che non hanno versato il contribu­to per i pranzi all’istituto com­prensivo Mauri di Pessano con Borna­go. «E ora non sap­piamo più come da­re da mangiare agli alunni», dice il presi­de Felice Menna. E il Comune? «Purtrop­po non possiamo far­ci carico dei disagi di tutte le famiglie. E non sarebbe giusto aumentare la retta a chi già paga», si di­fende l’assessore al­l’Istruzione Monica Meroni. Per il mo­mento a 34 bambini è stato tolto il pasto, «quelli che sono più in ritardo con il pa­gamento – continua il preside – . E il rischio è che an­che a tutti gli altri sia, a breve, vietata la mensa. È assurdo».

Tempo di crisi e a farne le spese sono i soggetti più debo­li. La vicenda comincia a set­tembre. C’è chi non paga la ret­ta già dall’inizio dell’anno scola­stico. E con il trascorrere dei mesi il loro numero aumenta. Si parla di un buco da 78 mila euro. La Dussman service, la so­cietà che fornisce il servizio, sol­lecita i pagamenti. Ma senza ri­sultato. I genitori si giustifica­no: «Non abbiamo i soldi». E al­la fine la decisione estrema: niente pasto a chi non paga. Dal 20 aprile, 34 bambini non possono più accedere alla men­sa. «Chi può torna a casa per pranzare, ma non tutti i genito­ri riescono a venirli a prende­re ». E una quindicina di alunni, rimane nell’istituto, senza po­ter mangiare. «Tutti frequentano la scuola dell’obbligo. È una situazione drammatica». Tanto da rendere necessario l’intervento del cor­po docente. In un consiglio d’istituto straordinario gli inse­gnanti hanno deciso di rinun­ciare al loro pasto per darlo agli studenti. C’è chi digiuna o chi si accontenta di un panino. «Ma i bambini devono mangia­re, è un loro diritto».

La situa­zione rischia di precipitare: «E se, in futuro, tutte le famiglie non riescono più a pagare, cosa accadrà?». La speranza di Men­na è che i genitori riescano a trovare «anche dieci euro per fermare il provvedimento». E si appella al Comune: «Faccia un passo indietro». Ma non è così semplice. «Per­ché questa situazione va avanti da troppo tempo», spiega l’as­sessore. Fino al 2008 c’era un buco da 50 mila euro. «Adesso bisogna aggiungerne altri 28 mila: non riusciamo a coprire il debito solo con la nostra cas­sa». Così la decisione di sospen­dere la mensa ai ritardatari. «Lo so, è triste ma non c’erano altre soluzioni. Senza contare che il contributo per la mensa scola­stico è minimo». E sul caso prende posizione anche la Cgil scuola. «Lo stato di morosità delle famiglie non può essere motivo di impedi­mento al regolare svolgimento delle attività didattiche». In gio­co ci sono anche «i diritti al­l’istruzione e all’infanzia che do­vrebbero essere garantiti a tut­ti. Anche a chi non paga».

MA CON TUTTI GLI SPRECHI PUBBLICI CHE CI SONO, MI CHIEDO, DEVONO PROPRIO ESSERE I BAMBINI A FARNE LE SPESE???

E’ INDECENTE!!!!!!!!!!!!!

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