Pareggio di bilancio? Servito bene, ma la ricetta è sempre la stessa

Ad agosto l’annuncio a gran voce: l’Italia anticipa il pareggio di bilancio al 2013.

Magnifico. Con che soldi?

Il Governo partorisce in men che non si dica una manovra di grandi sacrifici, sotto dettatura europea ed in particolare francese e tedesca, ma all’inizio si pensa che riguardi più o meno tutti: parlamentari, province, contributo di solidarietà, tagli alle amministrazioni comunali e regionali, pubblico impiego, si parla persino di riforme strutturali nell’organizzazione statale e rafforzamenti pesanti nella lotta all’evasione.

Dopo un mese, la manovra viene approvata in Senato, si sa con quali esiti: aumento iva, pensioni, prelievo per redditi oltre i 300.000 euro… e poi? I tagli?

Questo è un bellissimo schema di quello che esce dalla manovra e di come l’Esecutivo ritiene di poter raggiungere il pareggio:

Quando non si guadagna abbastanza per coprire le proprie necessità, i casi sono due: o si cerca di guadagnare di più oppure di spendere meno. Lapalissiano, semplice.

E’ evidente che il Governo ha optato solo per  guadagnare di più, con maggiori entrate: miliardi dall’imposta sui depositi (ammesso che gli italiani non li portino all’estero), miliardi dall’iva (è nella voce “altre”), miliardi dal taglio delle agevolazioni fiscali, dal gioco e la sempre presente accise sul carburante.

Fa ridere l’incasso previsto dalla lotta all’evasione, tanto sbandierata come cavallo di battaglia: 1,2 miliardi a pieno regime. Sti ca.

Per quanto concerne i tagli, duole vedere come le voci che riguardano sanità e pensioni abbiano un peso decisamente consistente, unito alla riduzione dei contributi alle autonomie locali (vedasi province, forse…)

Indubbiamente gli economisti che abbiamo al Governo sono dei geni e le sanno davvero tutte: riduciamo la spesa sanitaria, è l’unico modo per sperare di poter ridurre anche il costo delle pensioni.

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