Terremoto, Unione Europea chiede restituzione sgravi. Rabbia tra imprese Aquilane

 

Nemmeno la breve pausa di ferragosto ha allentato la rabbia delle imprese aquilane e dell’area del cratere sismico sulla decisione di Bruxelles di chiedere la restituzione degli sgravi fiscali nonostante una legge dello Stato, la finanziaria del 2012, abbia fissato la restituzione al 40% in dieci anni.

Ad essere colpite dal provvedimento sono tutte quelle aziende, si calcola circa 120. che non rientrano nel regolamento ‘de minimis’ che esclude i piccoli importi di aiuto fino a 200 ila euro.

Una parte delle aziende aquilane beneficiarie di sgravi fiscali dopo il terremoto del 6 aprile 2009 non ha subito alcun danno, per questo dovrà risarcire al governo le riduzione di imposte e dei contributi previdenziali obbligatori ottenuti senza averne diritto.

Nei prossimi giorni si capirà meglio la strategia che Regione, forze politiche e organizzazioni sindacali intendono avviare per resistere alla decisione di Bruxelles.

Per il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, «è vergognosa e inaccettabile la questione della restituzione delle tasse da parte di imprese aquilane, richiesto dalla Ue che ha avviato una procedura di infrazione contro l’Italia accusandola di aver creato condizioni di concorrenza sleale».

Il Vice Presidente della Regione, Gianni Lolli, parla di «follia» la restituzione delle tasse sospese e ridotte a seguito del sisma del 2009 e «per questa ragione – spiega – resisteremo con tutti i mezzi».

Poi fa capire che si rende necessario acquisire nelle prossime ore e nei prossimi giorni tutta la documentazione necessarie per esaminare cosa sia accaduto anche nella trattativa tra Governo italiano e Commissione europea mentre alcune associazioni di categoria già pensano alla costituzione di un fronte comune per «prepararsi insieme ad una nuova grande sfida».

Fonte Adnkronos

Nonostante i risultati, la Scozia ha vinto. Ecco perchè molti separatisti europei la seguiranno.

In tanti abbiamo sperato che la Scozia vincesse la sua battaglia per l’indipendenza: avremmo avuto un segnale di fiducia che presumibilmente avrebbe spinto ad una presa di coscienza collettiva sulla possibilità di poter tornare al libero arbitrio.
Non mi voglio soffermare sui dubbi di risultati che, assistendo allo spoglio notturno, fino all’ultimo davano in vantaggio il si, per poi vedere repentinamente ribaltato il risultato.
Capita. Spesso. Probabilmente sempre.
Ma, piaccia o meno, è necessario rendersi conto di un fattore fondamentale: oggi è davvero un nuovo giorno.
C’è chi pensa a Sir William Wallace, alla sua lotta per l’indipendenza scozzese, finita con la sua impiccagione: a distanza di 900 anni ha perso ancora.
Io la vedo diversamente.
Wallace ha lasciato un segno indelebile nel tempo, così forte che ha spinto gli Scozzesi a proporre un referendum secessionista, sui cui risultati dichiarati non ci metterei la mano sul fuoco.
Ma non è finita qua: l’Inghilterra, e forse l’Europa, da oggi non sono più le stesse.
Perchè?
Analizziamo le ragioni per cui gli Scozzesi ancora una volta hanno lottato per la propria autonomia dall’Inghilterra:
– gli Scozzesi sono laburisti, al contrario degli Inglesi: con la successione avrebbero finalmente il Governo che desiderano
– Sin dal crollo finanziario del 2008, il governo britannico ha scelto una serie di politiche d’austerità, che hanno incluso tagli ai posti di lavoro del settore pubblico, e una riduzione dei benefit dello stato sociale. E in Scozia le famiglie a basso reddito sono state colpite molto duramente da queste politiche. Stando a un report Unison del giugno scorso il bilancio del paese è stato ridotto di sei miliardi di sterline, e 50 mila posti di lavoro pubblici sono già stati tagliati.
– Secondo l’Economist “il referendum non si baserà su considerazioni di natura fiscale o sugli introiti del petrolio, ma sull’identità e sul potere. L’idea che gli scozzesi possano prendere in mano il proprio destino, in occasione del referendum, e successivamente ad esso, è esaltante”.
Nel 1999 la Scozia ha creato il suo primo parlamento, fornendo al paese un certo livello di autonomia su questioni che andavano dall’istruzione al sistema sanitario. Ma ciò non ha fatto altro che alimentare il desiderio dei nazionalisti di controllare ogni aspetto del governo del paese.
–  I sostenitori dell’indipendenza credono che una Scozia autonoma riuscirebbe meglio a gestire la propria economia, soprattutto per quanto riguarda le tasse e i giacimenti petroliferi al largo delle coste scozzesi. In Scozia c’è anche una vasta opposizione alle armi nucleari, e la campagna per il “sì” ha promesso di allontanarle definitivamente dal paese.
– Alex Salmond, primo ministro scozzese e leader della campagna per il “sì”, si è dimostrato molto bravo durante la campagna, radunando gli scozzesi (e in particolare le nuove generazioni) intorno a una spinta per l’indipendenza.
Ciò nonostante, sappiamo com’è andata.
Ed allora perchè credo che la Scozia abbia comunque vinto?
Semplice: Cameron, premier inglese, poichè i risultati della vittoria sono stati con esigua differenza, si è affrettato ad assicurare agli Scozzesi che verranno ascoltare le loro richieste.
In altre parole: maggiore potere al Governo Scozzese in fatto di tasse, welfare e spese, con la promessa della devolution entro gennaio 2015.
Formalmente la Scozia fa ancora parte della Gran Bretagna, ma ufficiosamente ha acquisito uno status di maggiore indipendenza ed autonomia sui temi caldi.
Scacco matto alla Regina.
Come reagiranno ora Irlanda e Galles? Pretenderanno anche loro maggiore autonomia minacciando in caso contrario di staccarsi dal Regno Unito?
E se questo esempio provocasse moti rivoluzionari negli altri movimenti separatisti europei, in Spagna, in Francia, in Olanda, in Germania ed anche in Italia?
Oggi è un altro giorno. Ma l’esempio e quanto ottenuto, pur restando uniti alla Casa Madre, potrebbe provocare un vero e proprio terremoto indipendentista.
Europa ko, Wallace finalmente vincitore, non solo per gli Scozzesi, ma per tutti coloro che desiderano uscire dalla morsa mortale europea.
Da oggi, insieme ai venti di guerra, iniziano a sentirsi venti di libertà: e se il sogno di rompere le catene diventasse realtà?
Io ci credo.

 

 

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