Facebook non fa più per me, ti saluto Zuckerberg

Facebook: agli esordi simbolo di libertà, è diventato pura censura

 

Non ricordo neppure più quanto tempo fa mi sono iscritta a Facebook.
Per certo, sono passati più di dieci anni.

All’inizio era tutto molto bello e divertente: Facebook era utilissimo per ritrovare amiche ed amici che avevi perso di vista. Si ritornava adolescenti.

Forse sono l’unica a ricordare le prime app, i giochi. C’era la “guerra di bande” molto prima di Farmville.

Arrivavano inviti in quantità industriali, ogni volta che aprivi la tua home ne trovavi una decina. Roba da stalker. Avessi almeno capito di che si trattasse!

Con il tempo, ho scoperto la gioia di interagire e di confrontarsi: scrivevo già da tempo, tanto, ma un blog è completamente diverso.

Reattività. La parola magica.

Spazio per esprimersi, possibilità immediata di trovare persone con cui “parlare”, civilmente. Poco importa se concordano con le tue idee, anzi, molto meglio che siano contrarie.

Decisi così di aprire una “pagina pubblica”: era il 2012.

Per un semplicissimo motivo: tengo alla mia privacy ma soprattutto a quella della mia famiglia.

Era diventato fondamentale tutelare il più possibile la loro “esposizione”, la creazione di una pagina permetteva di tenere separato l’aspetto privato da quello pubblico. Chiunque poteva entrare in contatto con me, senza chiedere amicizia.

Nata con la volontà di aiutare a difendersi dagli attacchi delle banche, tramite la mia esperienaza personale. Volevo fosse chiaro il messaggio: abbiamo subito dei sopprusi, impariamo a tutelarci nel rispetto della legge.

Incrementata esponenzialmente per una sofferta partecipazione tv da Gianluigi Paragone e per l’inizio di una diretta streaming settimanale (“sbanchiamo”) sul canale dell’adorato ed insostituibile Salvo Mandarà.

Mi sono accorta con il tempo di tre aspetti.

Il primo era che le mie pubblicazioni, che condividevo tramite Facebook, diventavano un assist per le banche, perchè capivano cosa significa uscire dagli stereotipi e riuscire a contrastare il loro immenso potere. 

Il secondo, la mia improvvisa popolarità, che non ho amato più di tanto, ha consentito l’emergere di veri e propri sciacalli i quali, mostrandosi dietro la maschera dell’ “aiutiamo”, in realtà avevano un semplice scopo: speculiamo.

No, grazie.

Anni fa alcuni “personaggi”, hanno cercato di sfruttare il mio lato emotivo estremamente provato con l’obiettivo di fare soldi sulle spalle di chi condivideva con me un’esperienza devastante.

Ho peccato di grande ingenuità, ma soprattutto di estrema educazione e rispetto.

Avrei dovuto denunciare pubblicamente chi erano questi “soggetti” (che tuttora cavalcano l’onda mostrandosi simil-salvatori-della-Patria, mentre in realtà cercano solo un ben remunerato posto al sole), ma ho preferito mantenere il riserbo e defilarmi immediatamente.

Il terzo, il più importante. (altro…)

Change.org: non usiamo più questa piattaforma, ecco cosa nasconde.

Change.org: davvero certi che sia una piattaforma benefica? La risposta è NO. Questi i motivi.

Change.org è una società profit che gestisce la piattaforma on-line gratuita di campagne sociali, fondata nel 2007 negli Stati Uniti, nel Delaware, paradiso fiscale Usa, e con quartier generale a San Francisco, nel cuore di quella Silicon Valley.

Negli Stati Uniti è registrata come B Corporation. Dal 2008 partner di MySpace, e ha collaborato per il lancio di Action Day.

Le sue petizioni servono al falso bene, infatti si può dire che questa mastodontica rete serve per un mega guadagno.

La mercificazione dello sfruttamento:

“Ma nessuno fa più soldi dalle petizioni online di Change.org. Chissà quanti fra quelli che visitano le petizioni di change.org sanno che, a dispetto della sua denominazione punto-org, questa organizzazione è un’attività a scopo di lucro per la generazione di lead. Basta gettare un’occhiata alla pagina dei suoi partner , e si capisce subito di cosa si occupano…. Change.org è deliberatamente ingannevole nell’utilizzare la denominazione change.org. Immagino che l’utente tipico di change.org non sappia che Change.org è un’azienda a scopo di lucro, e che utilizza le informazioni fornite per produrre utili. — Clay Johnson, Information Diet
L’azienda (che ha sede a San Francisco, CA), fondata nel 2005, è stata varata il 7 febbraio 2007 dall’attuale direttore generale Ben Rattray (con una formazione in economia), in collaborazione con l’attuale direttore tecnico Mark Dimas e Adam Cheyer (co-fondatore di Siri direttore per la tecnologia ed il software del settore iPhone presso Apple).
Nel febbraio 2012 il sito impiegava 100 persone con uffici in 4 continenti. Già per la fine del 2012, Rattray intendeva “aprire sedi in 20 paesi ed operare in molte altre lingue, come l’arabo ed il cinese. Il 5 aprile 2012 è stato reso noto che ha raggiunto i 10 milioni di iscritti, ed è attualmente la piattaforma online di azione sociale in più rapida crescita. Al momento riceve ogni giorno circa 500 nuove petizioni. [Fonte: Wikipedia]
Il team di consulenti costitutivo di Change.org include Darren Haas, developer di software di trading finanziario ed operazioni valutarie presso Euronet Worldwide; Sundeep Ahuja, fondatore/product manager/consulente di marketing/stratega/investitore/co-fondatore/presidente presso blissmo, Kiva.org, indiegogo, DailyFeats, Sparked.com, richrelevance, friendput, MySpace, nonché attore; e Joe Greenstein, sviluppatore di software e co-fondatore/direttore generale di Flixster.
Change.org fa parte del Media Consortium di George Soros.
La società è trasparente, con discrezione, riguardo le proprie affiliazioni. L’ampia copertura mediatica fornita dai partner e dai siti social/tecnologici del Media Consortium non trascura quasi mai di far menzione delle altre organizzazioni affiliate –Avaaz.org, Sumofus.org, e 38degrees.org.uk.

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Gad Lerner: radical choc.

Gad Lerner.

Ammetto, non mi è mai stato simpatico.

Sarà la sua spocchia, saranno le sue idee retrograde, sarà il fatto che gioca a fare il comunista saccente ponendo questioni morali a chiunque.

Ma questa volta è davvero troppo pure per lui.

Gad Lerner, appello pro-immigrati da uno con portafoglio ben pieno

Il giornalaio Lerner ha postato una foto in camicia rossa per aderire all’appello lanciato da Libera e altre associazioni (onlus che chiaramente guadagnano profumatamente dal traffico umano in corso). (altro…)

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