Perchè non nazionalizzare le banche?


Sempre la solita doverosa premessa: io non sono un’economista in senso strettamente teorico, ma vivo l’impresa quotidianamente nella pratica in ogni suo aspetto, quindi anche quello bancario, da oltre vent’anni. Un po’ come dire che conosco la legge della strada ed un po’ meno quella dei libri, seppur quest’ultimo passaggio sia tutto da dimostrare.

Partendo da questo presupposto.

Abbiamo già visto che la Germania ha usato questo escamotage per barare sui dati di bilancio e per stampare in proprio carta moneta, nonostante i divieti europei, che riguardano però le banche centrali di ogni Stato Europeo, non le banche per le quali lo stesso Stato ha la maggioranza azionaria, e pertanto risultano nazionalizzate: in questo modo si può avere accesso ai fondi BCE ad un tasso irrisorio, senza vincolo di bilancio, e quindi utilizzabile per migliorare le politiche sociali senza aumentare il debito pubblico, riprendendosi un minimo di sovranità sulla politica monetaria. Anzi, alla faccia del minimo.

Ora, si parla di rivalutare le quote della Banca d’Italia, che guarda caso appartengono a banche private italiane: per loro, che da due anni percepiscono denari a tassi bassissimi, patteggiano il decimo delle tasse dovute, hanno ora la possibilità di ammortizzare le perdite non in dieci anni ma in tre, abbattendo in modo vergognoso gli utili che stanno macinando, questo significa vincere al superenalotto con il beneplacido dello Stato massonico e colluso.

Solito esempio: Monti introduce l’IMU, che doveva essere una tantum e invece non solo è diventata una semper ma anche retroattiva, ed i denari raccolti sono serviti direttamente per coprire il buco MPS: senza avere nulla in cambio.

A questo punto, uno Stato pulito ed intelligente avrebbe preteso quanto meno di poter entrare in MPS nelle decisioni fondamentali, possedendo con 4,5 miliardi di euro la maggioranza dell’azionariato. E’ una nazionalizzazione ufficiosa. Fosse stata ufficiale, avremmo noi cittadini goduto di tutto quello con cui la Germania foraggia le sue politiche sociali, ergendosi a miglior esempio da seguire (mentre le sue banche sono quelle messe peggio in tutta Europa).

Visto poi che la Comunità Europea ha approvato il piano di salvataggio di MPS, perchè non chiamarlo con il suo giusto nome: NAZIONALIZZAZIONE?

Cosa comporterebbe per i cittadini una situazione del genere?

Partiamo dal presupposto che se l’Italia dovesse andare in default, le banche sarebbero le prime a saltare, perchè hanno in pancia gran parte dei Titoli di Stato che non verrebbero onorati.

Ma se lo Stato dovesse nazionalizzare gli Istituti Bancari, non solo foraggiandoli, ma facendo le cose fatte per bene legalmente parlando, avremmo che esso non solo diventerebbe titolare dei crediti delle banche, ma pure dei loro asset, accrescendo così il proprio patrimonio e la propria stessa solvibilità.

In sintesi: accadrebbe, con la nazionalizzazione, che quello che per lo Stato è oggi inscritto a bilancio sulla colonna dei debiti verso creditori esterni (relazione che soggiace alle spietate leggi dello strozzinaggio finanziario globalizzato, per cui i creditori hanno tutto l’interesse a trarre il massimo guadagno a spese del debitore) si sposterebbe nella colonna dei crediti.

Sottraendo il debito/credito al mercato finanziario globalizzato, lo Stato non solo eviterebbe la propria bancarotta, ma proteggerebbe i suoi cespiti, i suoi patrimoni, le sue entrate dai vampiri della finanza speculativa, che ha proprio nelle banche i suoi santuari.

Una volta che lo Stato ne abbia preso possesso, il patrimonio e le immense entrate tributarie dello Stato diventerebbero la più solida garanzia fideiussoria per il sistema bancario.

Una volta nazionalizzate le banche, una volta che lo Stato sia diventato effettivo titolare del suo debito, prima mossa, solo allora può passare alla seconda, decidere se ristrutturarlo o cancellarlo del tutto. Un governo popolare, cioè un governo che metta l’interesse pubblico e/o nazionale in cima alle sue priorità, lo cancellerebbe del tutto, liberando così i circa 300 miliardi di euro annui che spende per rimborsare i credito-speculatori, per investirli nell’economia, per sostenere i disoccupati e spronare le zone depresse, per salvare la ricerca e l’istruzione, per salvaguardare i diritti di cittadinanza e i beni comuni.

Come sappiamo i 1900 miliardi e passa di debito (più gli interessi che annualmente maturano) sono posseduti al 50% circa da banche straniere, il resto da banche italiane. Quando si dice banche italiane non si pensi ai Bot-people degli anni ’80. La quota di titoli in mano ai risparmiatori italiani non supera il 10%. Lo Stato, una volta nazionalizzate le banche, può ben decidere di ristrutturare i debiti verso questo dieci per cento, stabilendo una soglia politica plausibile —non è che si possono salvare gli speculatori privati milionari!

E i debiti verso le banche tedesche, francesi, olandesi o inglesi? Che questi strozzini vadano a quel paese!

E questo cosa significherebbe?

Semplice: uscire dall’Euro e tornare alla Lira.

Dal mio incapace punto di vista, i conti finalmente tornano.

p.s. il passaggio dalla nazionalizzazione delle banche a quella delle assicurazioni sarebbe minimo, e ovviamente TUTTO a favore dei cittadini.

 

 

Lascia un commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

n/a