Il nuovo contratto a tutele crescenti: cosa cambia.

          Per gli assunti da oggi nessuna tutela dell’art. 18 Statuto dei lavoratori.

Da oggi, per gli assunti a tempo indeterminato con qualifica di operaio, impiegato e quadro, non opererà più la tutela dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Al suo posto entra di scena quella del nuovo contratto a tutele crescenti.

A CHI SI APPLICANO LE NUOVE REGOLE?

Agli assunti dalle aziende grandi, cioè quelle che hanno più di 15 dipendenti nelle unità produttive site nello stesso comune, o più di 60 a livello complessivo.

Si deve trattare inoltre di lavoratori a tempo indeterminato, con qualifica di operaio, impiegato e quadro.

Non si applica ai lavoratori già assunti in passato.

Il nuovo regime si applica altresì ai nuovi assunti dalle cosiddette organizzazioni di tendenza, cioè da quei datori di lavoro che svolgono attività senza fine di lucro, nonché, limitatamente all’ipotesi dell’ingiustificato licenziamento per motivo oggettivo, e in forma dimezzata, ai nuovi lavoratori delle aziende con meno di 15 dipendenti (piccole aziende).

Il contratto a tutele crescenti si applica anche alle aziende diventate grandi per effetto delle nuove assunzioni ossia che avranno superato i 15 dipendenti nell’unità produttiva (o i 60 su scala nazionale) a seguito della stipula di nuovi contratti di lavoro. In questo caso, si applicherà il contratto a tutele crescenti non solo i nuovi assunti, a tempo indeterminato, ma anche a quanti già lo erano in precedenza; invece non si applicheranno gli incentivi contributivi con l’ultima legge di stabilità.

QUALE TUTELA PER IL LAVORATORE?

In caso di licenziamento illegittimo non sarà più prevista, come regola, la reintegra sul posto di lavoro. Quest’ultima sarà solo l’eccezione, prevista solo nei casi più gravi, ossia licenziamento discriminatorio (se determinato da motivi di natura politica, razziale o di lingua oppure se basato sul sesso od orientamenti sessuali, convinzioni personali, handicap), nullo (se fatto oralmente e senza lettera scritta oppure se in violazione delle norme a tutela della maternità) o licenziamento disciplinare in presenza di fatto materiale inesistente.

Negli altri casi scatterà solo un risarcimento economico pari alla retribuzione di due mensilità per ogni anno di anzianità di servizio (dell’ultima retribuzione considerata per il Tfr), con un risarcimento minimo di 4 mensilità ed un massimo di 24 mesi.

La misura dell’indennità è predeterminata dalla legge. Il giudice, pertanto, in ipotesi di causa, non avrà alcun potere di determinare a suo piacimento l’ammontare del risarcimento.

Nel caso di frazioni di anno d’anzianità di servizio, l’indennità viene riproporzionata, mentre le frazioni di mese intero si computano integralmente quando siano uguali o superiori a 15 giorni.

Se il giudice ritiene il licenziamento giustificato, il lavoratore avrà diritto solo all’indennità sostitutiva e al trattamento di fine rapporto.

Le stesse regole valgono anche in caso di recesso per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa (cosiddetti licenziamenti disciplinari).

QUALI SCELTE PER IL DIPENDENTE?

1) Nel solo caso di licenziamento nullo o discriminatorio, a prescindere dalle dimensioni dell’azienda:

a seguito dell’ordine del giudice di reintegra, il lavoratore ha anche diritto a un risarcimento commisurato alle retribuzioni perse tra il licenziamento e il rientro in azienda, con un minimo di cinque mensilità, nonché al versamento da parte del datore di lavoro dei relativi contributi previdenziali e assistenziali.

Tuttavia il lavoratore potrebbe anche scegliere di non far ritorno in azienda e optare e, in tal caso, per un’indennità aggiuntiva pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione.

Detta decisione deve essere comunicata entro 30 giorni dall’invito a ritornare al lavoro o dalla comunicazione del deposito della pronuncia del giudice.

Queste regole valgono indipendentemente dalle dimensioni dell’azienda.

2) Nel caso invece di licenziamento disciplinare illegittimo per insussistenza materiale del fatto contestato:

la reintegra non vale per le imprese più piccole (quelle fino a 15 addetti nello stesso comune o fino a 60 in più località). Il dipendente può ottenere solo il risarcimento.

Solo per le aziende con più di 15 dipendenti si applica la reintegrazione e il pagamento, a carico del datore di lavoro, di un’indennità commisurata alla retribuzione di riferimento per il periodo in cui è rimasto senza impiego (ma comunque non superiore a 12 mensilità), detratto quanto già percepito a fronte di altre attività svolte nel frattempo o quanto avrebbe potuto guadagnare accettando un’offerta di lavoro congrua. Anche in questo caso il lavoratore, in alternativa alla reintegra, può chiedere un’indennità ulteriore pari a 15 mensilità.

QUALI BENEFICI PER CHI ASSUME DA OGGI?

Le imprese che, da oggi, stabilizzeranno i propri dipendenti con un contratto di lavoro a tempo indeterminato potranno avere un doppio beneficio: l’applicazione delle nuove regole sui licenziamenti (appena viste), da un lato, e gli incentivi contributivi previsti dalla legge di Stabilità, dall’altro ossia l’esonero dal pagamento dei contributi previdenziali introdotto dalla legge di Stabilità 2015 (massimo 8.060 euro all’anno per tre anni).

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