Canone Rai: le sue origini

Canone Rai.

Ieri ho scritto un articolo su come non pagare questo odioso balzello, reso obbligatorio dalla legge di stabilità 2016 varata dall’imbarazzante Sgoverno Renzie, che semplicemente perchè un cittadino ha un collegamento con l’energia elettrica crea l’opinabile presunzione di possesso di un televisore.

Vista l’imposizione SENZA CONTROLLI O REALI FONDAMENTI, che obbliga anche chi in casa propria non possiede un televisore (e badate bene, la suddetta finanziaria ha ESCLUSO PER LA PRIMA VOLTA tra coloro che sono obbligati a pagare i possessori di pc, tablet o quant’altro che sia funzionale a ricevere canali televisivi), ritengo che i Cittadini debbano sapersi difendere con la corretta informazione dal dover pagare qualcosa che non è dovuto, fosse anche un centesimo. La lettura magari sarà un po’ lunga, ma di certo istruttiva.

Non entro nel merito della mediocrità dei programmi rai, oltre che dei cachet PUBBLICI e dei lauti EMOLUMENTI DEI DIRIGENTI che NON RISPETTANO VERGOGNOSAMENTE il tetto limite imposto da LEGGI NAZIONALI, perchè a questa stregua penso che coloro che persistono nel versare questo obolo senza rendersi conto che vanno solo a foraggiare tale scempio di denaro pubblico, dovrebbero essere quanto meno sottoposti a perizia che ne valuti la facoltà di intendere e di volere.

E sorvolo anche sul fatto che “mamma rai” ha raccolto in pubblicità nei primi otto mesi del 2015 oltre 470 MILIONI DI EURO (fonte Il Sole 24 Ore), un introito per il canone 2014 di 1,59 MILIARDI DI EURO (con un’evasione stimata del 27% delle famiglie… non è dato sapere le basi di calcolo delle stime), e ciò nonostante, se non fosse per i 228 milioni di plusvalenza portati da un’operazione straordinaria quale la quotazione in Borsa del 34,9% del capitale di RaiWay, la società che controlla le reti di trasmissioni e gli impianti, la rai nel 2014 NON AVREBBE CHIUSO IN UTILE DI 58 MILIONI DI EURO BENSI’ IN PERDITA. (DOVE DIAMINE VANNO TUTTI STI SOLDI?)

Per non parlare poi dell’indebitamento di mamma rai, conti perennemente in passivo che godono, beati loro, di lauti finanziamenti statali quando il buco è troppo grosso.

Pare però il caso di fare un bel ripasso di storia rai, perchè siamo nel 2016 ed è ora che qualcuno vi faccia un riassuntino, visto che dubito vi siate mai presi la briga di capire PERCHE’ E COSA PAGATE.

Quello che oggi viene chiamato “canone rai”, in realtà nasce come  tassa sulle “radioaudizioni”.

Un regio decreto (R.D.L.21/02/1938 n.246) introdotto in un’Italia dove la televisione era un oggetto sperimentale, dove la radio era ancora un lusso e dove davanti all’apparecchio si mettevano più famiglie insieme, magari all’osteria o all’oratorio.
Il servizio pubblico televisivo esisteva da soli quattro anni: a Torino, nel 1934, erano cominciate le prime prove di trasmissioni tv. Ma si devono aspettare altri vent’anni, il 3 gennaio 1954, per vedere Corrado in bianco e nero dare il via ufficiale alle trasmissioni Rai.

Il canone nacque per chi possedeva la radio, dunque. Anzi, per chi possedeva apparecchi “atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni”. Chissà cosa intendeva, il legislatore. Era l’epoca in cui oltre alla radio non c’era altro. Ma questa formula così vaga si è bene adattata a tutto, alla tv, ai computer e ai videotelefonini.
La prima tassa costava 8 lire e mille lire di allora equivalevano circa a 860 euro di oggi, tanto per dare un’idea.
Un tempo in cui erano ben lontane le auto con la radio a portata di tutti, tanto che si dovevano pagare due canoni distinti nel caso si possedessero apparecchi anche su una vettura, oltre che in casa.
Chi aveva la radio, e poi la tv, poteva certo permettersi di pagare quel contributo nato per sovvenzionare il servizio pubblico, privo delle tante pubblicità di oggi, dalle funzioni di informazione e istruzione ancor prima che di intrattenimento.

Non è un caso se l’unico Paese occidentale dove non c’è mai stato un canone televisivo sono gli Stati Uniti, dove la tv è nata subito commerciale e, quindi, si finanziava con gli spot.

Bar, osterie, oratori. I locali pubblici erano quelli dove, di fatto, si ascoltava la radio e si vedeva la tv. Il “canone speciale” è di vecchia data. Del resto, nei locali si andava proprio per questo e ogni utente era un consumatore. La tassa da pagare in questi casi era “speciale”, differenziato da quello per i privati: “Il canone di abbonamento dovuto per audizioni date in locali pubblici od aperti al pubblico, è stabilito in ragione di anno solare ed è determinato mediante speciali convenzioni di abbonamento con la Società concessionaria”, si legge nel decreto regio; e tutti coloro che erano soggetti a tale tassazione, contribuivano per quanto dovuto.

Cosa è successo dal lontano 1938?

E’ stata correttamente sollevata la questione di Costituzionalità del canone, poichè trattasi di tassa non proporzionale al reddito ai sensi dell’articolo 53 della nostra Costituzione, in spregio al principio di “capacità contributiva”.

Già, perchè con il passare del tempo, quello che sembrava essere qualcosa riservato a pochi ricchi, che pertanto avevano il “dovere morale” di aiutare la ricerca e la diffusione del mezzo televisivo, è diventato l’elettrodomestico più diffuso in Italia.

La configurazione del canone riflette la circostanza che un segnale prodotto e rilasciato nell’atmosfera possa essere ricevibile e sfruttabile senza limitazioni da chiunque sia dotato di un’idonea apparecchiatura tecnica. Questo richiese, al momento di redigere la legge, di focalizzare l’obbligo contributivo su quest’ultimo aspetto, poiché i segnali criptati non esistevano.

La sua qualificazione giuridica è stata sancita dalla Corte Costituzionale:

« Benché all’origine apparisse configurato come corrispettivo dovuto dagli utenti del servizio […] ha da tempo assunto, nella legislazione, natura di prestazione tributaria, fondata sulla legge […] E se in un primo tempo sembrava prevalere la configurazione del canone come tassa, collegata alla fruizione del servizio, in seguito lo si è inteso come imposta » (Sentenza del 26 giugno 2002 nr. 284)

Avete capito bene? Per CONSUETUDINE quella che era nata come TASSA è stata trasformata in IMPOSTA.

Che differenza fa? ABISSALE.

La tassa è un tributo che il singolo soggetto è tenuto a versare in relazione ad un’utilità che egli trae dallo svolgimento di un’attività statale e/o dalla prestazione di un servizio pubblico (attività giurisdizionale o amministrativa) resi a sua richiesta e caratterizzati dalla “divisibilità”, cioè dalla possibilità di essere forniti a un singolo soggetto.

L’imposta si caratterizza per il fatto che il suo presupposto – evento valutabile economicamente – è realizzato dal soggetto passivo e non presenta alcuna relazione con lo svolgimento da parte dell’Ente pubblico di una particolare attività o di un servizio.

Quindi, in soldoni, mentre con la tassa possiamo scegliere di pagarla o meno nel momento in cui scegliamo di utilizzare un SERVIZIO PUBBLICO, l’imposta deve essere pagata A PRESCINDERE dalla fruizione di tale servizio.

Così, definita imposta, la prassi della determinazione di un canone a prezzo unico è stata ritenuta conforme al principio di proporzionalità impositiva, in quanto la detenzione degli apparecchi è essa stessa presupposto della sua riconducibilità a una manifestazione di capacità contributiva adeguata al caso.

La Corte di Cassazione ha esplicitato la natura del canone di abbonamento radiotelevisivo:

« Non trova la sua ragione nell’esistenza di uno specifico rapporto contrattuale che leghi il contribuente, da un lato, e l’Ente Rai, che gestisce il servizio pubblico radiotelevisivo, dall’altro, ma costituisce una prestazione tributaria, fondata sulla legge, non commisurata alla possibilità effettiva di usufruire del servizio de quo » (sentenza nr. 24010 del 20 novembre 2007)

Pertanto l’imponibilità dipende esclusivamente dalla detenzione di un apparecchio, indipendentemente dall’effettiva ricezione dei programmi della Rai o dalla mancanza di interesse a riceverne.

Ma ovviamente non è finita: considerando l’evoluzione tecnologica, si è anche tentato di far pagare il canone ai detentori di pc, smartphone, tablet,  insomma, qualsiasi apparecchio che IN LINEA DI PRINCIPIO potesse essere utilizzato come una TV.

Sollevato il polverone, la rai si è affrettata a dire che non ha mai pensato di far pagare il canone anche a costoro.

Vi siete mai chiesti come gli esattori rai, PERSONE A PERCENTUALE SUI CANONI CHE RIESCONO A RECUPERARE CON OGNI VESSAZIONE SENZA ALCUN POTERE GIURIDICO, potessero venire a conoscenza della vostra abitazione e quindi iniziare a tartassarvi, arrivando addirittura a mandare missive in BUSTA VERDE (utilizzata per gli atti giudiziari, che però, care pecore, ARRIVANO PER RACCOMANDATA) per indurvi a provare terrore al punto di pagare questa truffa?

Con la connivenza dei COMUNI, lautamente pagati, CHE PER CANALE DIRETTO, IN BARBA ALLA PRIVACY, COMUNICANO A TORINO TUTTI I NUOVI RESIDENTI.

Ma se ancora questo non vi basta per comprendere quanto abominevole sia questo CALPESTARE I NOSTRI DIRITTI, vi segnalo un’ultima sentenza su cui riflettere.

È stata la Commissione Tributaria del Lazio, con la sentenza 597/2013, ad accogliere la richiesta di un contribuente che si era opposto alle cartelle esattoriali inviate da “Mammarai”, in seguito al mancato pagamento del canone. Il motivo? Per i giudici tributari capitolini deve essere annullata la cartella di pagamento del canone Rai se il contribuente ha presentato denuncia di oscuramento delle reti, ma non ha ricevuto alcuna risposta da parte dell’ente.

«L’amministrazione televisiva non aveva risposto e il fisco aveva proceduto all’emissione della relativa cartella, impugnata poi dal contribuente. Questi, dopo la soccombenza innanzi alla commissione provinciale, non si è dato per vinto e ha proposto opposizione in secondo grado, trovando finalmente ragione con una decisione destinata non solo a far discutere, ma soprattutto a diventare una via di fuga dalla tassa del monopolio televisivo di Stato. Secondo i magistrati laziali la cartella è nulla, anche se il cittadino ha continuato a usufruire dei servizi tv. È sufficiente, infatti, che egli abbia fatto denuncia di oscuramento alla Rai e questa non abbia risposto».

ORA CAPITE PERCHE’ RENZI HA ELIMINATO IL SUGGELLAMENTO???

Al baraccone della Tv pubblica che ogni anno oltre a profondere disinformazione in quantità industriale, produce buchi spaventosi di centinaia di milioni di euro, arriveranno altri 420 milioni di euro.

E potranno così andare avanti a pagare stipendi faraonici alle varie Littizzetto, ai vari Fazio, potranno ancora mantenere gli oltre 11.000 dipendenti, ossia più di quelli di Mediaset, Sky e La7 sommati insieme, potranno ancora sperperare soldi pubblici mantenendo sedi in Italia e all’estero che hanno costi spropositati e non producono nulla, e potranno ancora prendere in giro gli italiani spacciando questa feccia per Servizio Pubblico.

Ovviamente la porcata non sta nel fatto che il canone Rai sarà inserito nella bolletta elettrica, pagare con un bollettino o all’interno di una bolletta non fa alcuna differenza, la porcata è aver abolito la possibilità del suggellamento!!!

Una persona che possiede un televisore soltanto perché ha liberamente sottoscritto un abbonamento con una azienda privata (Sky o Mediaset che sia) e potersi così vedere dei programmi che egli gradisce, perché lo si costringe anche a pagare un canone alla Rai?

Se la Rai a me fa schifo, perché sono obbligato a sovvenzionarla?

Renzi è arrivato dove nemmeno i fascisti avevano osato!!!

Ma come al solito Renzi non si è limitato a imporre una vera e propria porcata, ha voluto fare di peggio, dando a questo capitolo della legge Finanziaria (o di stabilità) il titolo “Riduzione del canone Rai” e chiamando evasori milioni di italiani che invece non pagavano il canone in maniera assolutamente legale! In un Paese normale il Premier dovrebbe essere denunciato e costretto a risarcire tutti questi onesti cittadini italiani che sono stati da lui offesi ed insultati.

Altro che tasse in meno, se si derubano i cittadini di altri 420 milioni di euro significa che le tasse aumentano!!! Non diminuiscono!!!

Ma per capire quanto Renzi sia una persona subdola basta andarsi a leggere cosa diceva a proposito della Rai durante la Leopolda del 2011, quando cercava di conquistarsi fette di potere, ecco le sue parole: “Oggi la Rai ha 15 canali, dei quali solo 8 hanno una valenza “pubblica”. Questi vanno finanziati esclusivamente attraverso il canone. Gli altri, inclusi Rai1 e Rai2, devono essere da subito finanziati esclusivamente con la pubblicità, con affollamenti pari a quelli delle reti private, e successivamente privatizzati”.

Il punto successivo delineava la nuova governance del dimagrito servizio pubblico: «Dev’essere riformulata sul modello Bbc (Comitato strategico nominato dal presidente della Repubblica che nomina i membri del Comitato esecutivo, composto da manager, e l’amministratore delegato). L’obiettivo è tenere i partiti politici fuori dalla gestione della televisione pubblica».

NON SOLO.

IL CARO RENZI HA BEN PENSATO, PER FAR DIGERIRE QUESTO FURTO, DI GETTARE UN BELL’AMO CON IL DISEGNO DI LEGGE “LA NUOVA RAI” MAI APPROVATO.

Il ddl, all’articolo 5 del testo, prevedeva l’abolizione degli artt. 17 e 20 della legge Gasparri, che per quanto riguarda la raccolta pubblicitaria sulla tv pubblica confermava i limiti imposti dalle legge n. 223 del 6 agosto 1990, più nota come legge Mammì. “La trasmissione di messaggi pubblicitari da parte della concessionaria pubblica non può eccedere il 4% dell’orario settimanale di programmazione ed il 12 per cento di ogni ora; un’eventuale eccedenza, comunque non superiore al 2 per cento nel corso di un’ora, deve essere recuperata nell’ora antecedente o successiva”, questi i limiti imposti dalla legge Mammì e che ora il governo vorrebbe superare.

Se il testo del ddl fosse stato approvato interamente, sarebbero spariti i limiti previsti dalla legge Mammì e sarebbero rimasti validi solo quelli contemplati dal Tusmar, il Testo unico per i servizi di media audiovisivi e radio, ma di fatto la raccolta pubblicitaria della sola Rai Uno porterebbe almeno 500 milioni di euro di introiti all’anno. E il canone Rai in sé, una tassa odiata ma soprattutto evasa, Renzi disse, potrebbe sparire, andando a confluire sotto altre forme nella fiscalità generale.

VI METTE IL CANONE IN BOLLETTA, VI TOGLIE LA POSSIBILITA’ DEL SUGGELLAMENTO, VI OBBLIGA A PAGARE ANCHE SE NON AVETE UNA TV, E VI PIGLIA PER IL CULO DICENDO, BE’, PERO’ SE FAREMO QUESTA LEGGE ABOLIREMO IL CANONE.

E POI VI INCAZZATE SE VI CHIAMANO PIDIOTI!

Un pensiero finale.

Ora, considerando che i morosi delle bollette elettriche sono il 5% contro il conteggiato 27% degli evasori rai, quale sarà l’impatto? A fare i calcoli è una simulazione effettuata da Stefano da Empoli e Gloria Marcotullio di I-Com Energia. Calcoli che nascondono una sorpresa. Prendendo come parametro il numero di famiglie italiane al 2015, I-Com ha stimato che il governo avrebbe potuto abbassare il canone fino a 80 euro, anche tenendo conto, in via cautelativa, di una morosità più elevata sulle bollette elettriche (dal 5% al 10%, cioè almeno il doppio dei livelli attuali) e remunerando gli operatori elettrici con un aggio del 2 per cento. Tradotto in cifre: con un canone a 80 euro, il gettito sarebbe pari a 2,03 miliardi in caso di morosità al 5% e a 1,83 miliardi con una quota di non paganti del 10%: in entrambi i casi un gettito ben superiore a quello Rai dell’anno scorso (1,59 miliardi).

Invece lo sgoverno renzie l’ha fissato a 100 euro per il 2016, dicendo già che nel 2017 verrà aumentato fino a circa 120 euro, un bel diecino mensile.

QUESTI SONO CALCOLI E LA MATEMATICA NON SBAGLIA, CARE PECORE PAGANTI.

OLTRE A TUTTO QUELLO CHE SPERO ABBIATE CAPITO SULLA NASCITA DEL CANONE, SULLA TRUFFA DELLA SUA TRASFORMAZIONE “PER CONSUETUDINE”, SUL FATTO CHE MAMMA RAI SI PRENDE SOLDI NOSTRI, PUBBLICITA’, SE NE FREGA DELLE LEGGI E STRAPAGA I SERVI DEL REGIMI, LA MIA DOMANDA FINALE E’: POSSIBILE CHE NON VI SENTITE PRESI PER I FONDELLI???

MA COS’ALTRO DOVETE CAPIRE PRIMA DI ALZARE LA TESTA???

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